Come scrive Andrea Lavazza su Avvenire, l’Europa, ormai il più solido e affidabile sostegno al popolo ucraino e alla sua resistenza, ha l’occasione di prendere in mano gli sforzi per una trattativa in Ucraina e sfruttare il logoramento che anche la Russia comincia a sperimentare. Ci vogliono però unità e determinazione. Pensiamo a ciò che è avvenuto a Gaza, pur con le mille incognite che gravano sulla tregua in corso. Il piano Trump che sta avendo un apparente successo ha trovato terreno favorevole grazie al lavoro diplomatico che la Francia e l’Ue hanno condotto nei mesi precedenti, e in particolare per il modo in cui hanno ricucito e rafforzato i rapporti con Egitto, Giordania e Arabia Saudita, al fine di creare una base su cui poi si è innestato l’intervento statunitense.
Già in maggio si era tenuta una riunione trilaterale fra Arabia Saudita, Egitto e Giordania, copresieduta da Francia e Arabia Saudita. Successivamente, l’“Iniziativa di New York”, il 12 settembre, lanciata da Macron insieme al ministro degli Esteri saudita Faisal bin Farhan, ha rappresentato il primo documento dettagliato che combinava cessate il fuoco, liberazione degli ostaggi, garanzie di sicurezza per Israele, riapertura dei corridoi umanitari e un piano di ricostruzione multilaterale per Gaza. Un’azione ampiamente misconosciuta e poco pubblicizzata rispetto ai riflettori puntati sul mattatore Trump.
Oggi, per l’Ucraina, l’Unione Europea insieme con la Gran Bretagna e altri Paesi deve ripetere quel percorso, assumendosi però anche il compito finale di forzare la Russia a un accordo, non “perfetto”, ma che possa convenire a tutte le parti senza abdicare ai principi di giustizia e del diritto internazionale. Fermare le ostilità tenendo la linea attuale del fronte come un confine provvisorio è una soluzione che ora anche Zelensky ritiene praticabile. Tutte le zone occupate resterebbero sotto il controllo e l’amministrazione di Mosca, senza riconoscimento ufficiale. Seguirebbero la formazione di un gruppo di mediazione, garanzie di sicurezza per Kiev con ingresso nella Ue (ma non nella Nato) e revoca progressiva delle sanzioni alla Russia.








