Come scrive su Repubblica Linda Laura Sabbadini, siamo al minimo storico per numero di figli per donna nella storia del nostro Paese.
“È inutile piangere sul latte versato. Guardiamo in faccia la realtà, capiamo dove abbiamo sbagliato e dotiamoci finalmente di una strategia adeguata”.
Il 1977 è l’anno spartiacque in cui l’Italia è scesa sotto il livello di sostituzione demografica di 2,1 figli per donna, la soglia che garantisce il rinnovo generazionale. Da allora, non siamo più riusciti a invertire la rotta.
La Francia, in condizioni simili, ha reagito con visione: ha promosso l’occupazione femminile, sviluppato servizi per l’infanzia, sostenuto economicamente le famiglie e investito nell’autonomia dei giovani. “Il risultato? Oggi la Francia ha 7 milioni di giovani in più, +13% di occupazione femminile e un aumento del tasso di fecondità. Una situazione migliore della nostra, frutto di politiche sociali strutturali, coerenti, durature, che hanno dato fiducia e prospettiva”.
In Italia, invece, si è agito con misure spot, bonus temporanei, provvedimenti frammentati e miopi. Tutto questo ha generato un clima di incertezza, che è il nemico numero uno quando si tratta di decidere se avere un figlio. “Nessuna coppia può fare una scelta così importante sulla base di un incentivo una tantum”.
Decenni di denatalità, causata dall’assenza di politiche sociali adeguate, hanno ridotto inoltre il numero di giovani in età fertile. Per recuperare almeno in parte lo squilibrio demografico, i pochi rimasti dovrebbero avere molti più figli del passato, il che è irrealistico.
“Sarà necessario accogliere più migranti, non meno, con modelli di integrazione diffusa più sostenibili, diversi dal passato e dal presente. E anche così sarà difficile invertire la rotta, perché il problema è diventato strutturale. È ora di dare una svolta, con politiche sociali che guardino lontano e finalmente mettano al centro le donne e i giovani di questo Paese”.








