Si è esaurita la fiammata delle esportazioni del Sud che aveva portato tra il 2022 e il 2023 la ripartizione del Mezzogiorno a correre a una velocità molto maggiore della già ragguardevole performance del Centro-Nord. È utile ricostruire il quadro in cui le variazioni del 2025 si inseriscono.
I dati del primo semestre del 2025 confermano, soprattutto nella composizione regionale e settoriale, le tendenze del 2024. Mentre nel 2022 e 2023 la quota di esportazioni del Mezzogiorno, storicamente inchiodata al 10 per cento del totale nazionale, era cresciuta di 1 punto netto, già nel 2024 questo incremento si era dimezzato. La figura di sotto mostra come in effetti la crescita dal 2021 si sia quasi riallineata alla media nazionale, ma con molte differenziazioni tra le regioni.
A sostenere la performance del Mezzogiorno (in figura Sud e Isole separate) rimaneva ancora sostanzialmente la Campania, il cui export teneva in maniera sorprendente, mentre dopo la fiammata del 2022 le regioni insulari erano ripiegate drammaticamente, la Puglia annaspava e addirittura la Basilicata crollava al 60% circa dell’export del 2021. Non serve un sensitivo per immaginare cosa ci fosse dietro questi dati, considerando che la gran parte dell’export della Basilicata viene dall’impianto Stellantis di Melfi.
Nel primo semestre del 2025 a sostenere ancora l’export del Mezzogiorno c’è soprattutto l’incremento della Campania (che ovviamente conta molto di più degli incrementi pur rilevanti di Abruzzo e Calabria). Tuttavia, le performance negative di Sicilia e Sardegna, pur contribuendo di meno, sono drammatiche con percentuali a doppia cifra. Si tratta di un riassorbimento quasi totale delle performance sorprendenti del 2022, concentrate su settori dei prodotti petroliferi.
Continua il crollo dell’automotive nel Sud (-24% sui primi sei mesi del 2024), questa volta concentrato in Campania (-56%!). La Campania, però, tiene bene soprattutto per il forte contributo positivo del farmaceutico, il settore trainante per tutte le regioni in positivo (anche Abruzzo, Toscana, Lazio e alcune regioni del Nord).
Tutto ciò è molto preoccupante. Il settore che regge l’export, il farmaceutico, ha goduto di un blocco dei dazi fino al 1° ottobre, e dopo sono entrate in vigore tariffe del 15% verso gli Stati Uniti. Questo suggerisce che l’effetto sul comparto è frutto di un probabile anticipo di forniture, del tutto congiunturale, e che si esaurirà con le tariffe, mentre continueranno a soffrire manifatturiero e beni di consumo (soprattutto abbigliamento).
Di fatto stiamo assistendo allo smantellamento dell’industria automobilistica nel nostro paese, in particolare nelle regioni del Sud continentale, dove si sono concentrati tagli della produzione nell’ordine del 40% nel 2024. Preoccupante anche la performance di una regione a volte dinamica come la Puglia (-6%). In questo caso evidenti gli effetti di molti comparti del manifatturiero oltre all’automotive, dal tessile ai metalli. Molto preoccupante il calo a doppia cifra nell’elettronica.
In generale oggi comincia ad apparire illusorio l’ottimismo di chi pensava a una nuova fase per l’economia del Mezzogiorno. L’incremento di esportazioni appare più un prodotto della svalutazione interna dei salari e di fenomeni congiunturali (come le esportazioni di petroliferi dalle isole nel 2022) che di un cambiamento della struttura economica del Sud. I dazi e il riassorbimento della svalutazione dei salari stanno riportandoci coi piedi per terra.
Chiunque si appresti a governare le regioni del Sud certamente farà bene a porsi come prima missione il contrasto all’ulteriore impoverimento del tessuto industriale e la questione della produttività del lavoro per preservare i salari.
Fonte: Elaborazioni da Istat.








