Confindustria boccia il congedo di paternità obbligatorio per lunghi periodi.
Lo hanno spiegato i rappresentanti degli industriali nel corso di un’audizione di fronte alla Commissione Lavoro della Camera dei Deputati in materia di congedo parentale.
Sebbene infatti sia necessario “sostenere la natalità e contrastare il declino demografico” attraverso “interventi complessivi e strutturali a sostegno delle giovani coppie e delle famiglie con figli minori”, secondo viale dell’Astronomia le proposte di legge presentate registrano una serie di criticità.
In particolare, Confindustria è “contraria a norme che impongano obbligatoriamente ai padri lunghi periodi di congedo, preferendo invece misure incentivanti e flessibili, come quelle già previste per l’anno in corso, in tema di congedi facoltativi, che conciliano l’equilibrio tra tutela familiare, sostenibilità economica e organizzazione aziendale”.
Delle undici proposte, quasi la metà chiede di introdurre un congedo obbligatorio per i padri, da 30 giorni fino a cinque mesi.
A questo, gli industriali si oppongono “per motivi gestionali e di principio: le assenze lunghe creano difficoltà organizzative nelle imprese, specie in un contesto di carenza di manodopera qualificata, e comunque imporre obblighi di questa portata non sembra coerente con il pieno rispetto dell’autonomia dei singoli cittadini”.
Allo stesso tempo, “non è condivisibile la sostituzione delle sanzioni amministrative con sanzioni penali per chi ostacola il congedo del padre lavoratore, mentre ha un senso per tutelare la madre lavoratrice, per gli aspetti legati alla tutela della salute”, hanno aggiunto.
Bene invece il miglioramento della disciplina del congedo per la malattia dei figli fino a tre anni, equiparando il trattamento dei lavoratori privati a quello del pubblico impiego, ma no all’estensione dei giorni di congedo per malattia per figli tra tre e otto anni, poiché “tali assenze non sono soggette ai controlli previsti in caso di malattia dei lavoratori e spesso si espongono a utilizzi impropri”, hanno sostenuto i rappresentanti delle imprese.
Pollice in su verso “gli incentivi che favoriscano il rientro delle madri al lavoro dopo la maternità, poiché le dimissioni delle madri sono spesso dovute a difficoltà di conciliazione vita/lavoro e alla mancanza di servizi” e “gli incentivi alle assunzioni a termine in sostituzione durante i periodi di maternità”.