Dopo l’ennesimo episodio nelle ricorrenti crisi di governo in Francia, “Parigi stavolta avrebbe dovuto guardare all’Italia”. Così Eric Jozsef sulla Stampa, osservando che “la Francia annaspa oggi in una situazione politica mai sperimentata nella Quinta Repubblica: un’Assemblea Nazionale divisa in tre grandi gruppi (con tante divisioni al loro interno), nessuno dei quali capace di garantire una maggioranza, un parterre di partiti politici che rifiuta il compromesso ostinandosi a porre come condizione per governare l’attuazione degli elementi essenziali del proprio programma e, più in generale, una classe dirigente inadatta e fuori della realtà.
Dietro queste posizioni intransigenti e di parte si nasconde la prospettiva delle Presidenziali del 2027 (alle quali Emmanuel Macron non potrà ricandidarsi) che alimentano faide e ambizioni personali. La responsabilità della crisi ricade però anche sui vertici dell’esecutivo. Il primo ministro dimissionario Lecornu, che aveva promesso una «rottura» con i governi precedenti, ha presentato domenica sera una squadra in linea del tutto con quella di François Bayrou, censurato il mese scorso.
L’altro grande colpevole, ora spalle al muro nell’isolato Palazzo dell’Eliseo, è il presidente Macron, che nel giugno 2024 ha deciso di sciogliere la Camera. Minacciando ieri un altro scioglimento, Macron non si è discostato da questa logica politica muscolare. Non ha preso in considerazione la proposta del suo ex primo ministro Gabriel Attal di nominare un ‘negoziatore’ per riunire i partiti politici attorno a un tavolo, cercare di elaborare un programma minimo di governo basato su compromessi e solo allora proporre il nome di un capo del governo.
Non ha voluto insomma prendere spunto dall’Italia, dove il presidente della Repubblica è un arbitro e non una sorta di monarca democratico che decide a piacimento chi designare al ruolo di primo ministro. Un’altra soluzione ‘all’italiana’ potrebbe essere la nomina all’ultimo minuto di un governo tecnico, almeno per il tempo necessario a far approvare la legge finanziaria, mettere a posto i conti e rassicurare gli ambienti finanziari. Politicamente discutibile – conclude – questo escamotage ha tirato più volte l’Italia fuori dalla crisi”.








