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Lusso: la ricerca della qualità guida gli acquisti di 7 italiani su 10 | L’indagine Luxury Client Index di EY

La prima edizione dell’EY Luxury Client Index, l’indagine che ha coinvolto 1.600 consumatori nel lusso su 10 mercati a livello globale, tra cui l’Italia, fornisce una panoramica aggiornata sul settore e analizza come cambiano le preferenze e i comportamenti dei clienti (Aspirational Luxury Client), identificando i driver strategici per guidare i brand nel rafforzare l’esperienza offerta al cliente, valutare eventuali nuovi modelli di business e trasformare le sfide del mercato in opportunità di crescita.

La larga maggioranza dei consumatori italiani sceglie il lusso perché desidera possedere prodotti di qualità superiore (68%), dato in controtendenza rispetto al campione mondiale che ricerca principalmente un riconoscimento personale (47%), 9% in meno della media a livello globale; tra i motivi, segue inoltre l’acquisizione di uno status symbol (28%).

“Stiamo assistendo a una fase di profonda trasformazione del settore del lusso – afferma Stefano Vittucci, consumer products & retail sector leader di EY in Italia in cui le priorità e i driver di scelta dei consumatori italiani stanno cambiando in modo significativo. Secondo la nostra indagine, il 68% degli Aspirational Luxury Client italiani premia nei propri acquisti la qualità del prodotto che torna protagonista, insieme alla sua storia, autenticità e artigianalità”.

La qualità dei materiali e l’artigianalità sono quindi i principali aspetti che influenzano le scelte di acquisto, superando personalizzazione e prezzo.

Nonostante l’ascesa del cosiddetto quiet luxury, il marchio mantiene una certa rilevanza: il 22% dei consumatori italiani lo considera tra gli elementi più influenti (il 26% a livello internazionale), mentre solo il 9% predilige prodotti senza marchi visibili (-3% rispetto alla popolazione mondiale).

Gioca un ruolo importante anche il fattore generazionale: mentre la Gen Z (nati tra il 1997 e il 2008) attribuisce maggiore valore ai brand che coinvolgono celebrità e influencer (43% campione italiano rispetto al 28% mondiale), i Baby Boomers (1946-1964) premiano l’identità storica del brand (71% degli intervistati nel Paese, 56% nel mondo).

La sostenibilità supera il prezzo nelle decisioni dei consumatori italiani. Infatti, un terzo degli intervistati la considera determinante nei propri acquisti, con un distacco di 7 punti percentuali dalle considerazioni di natura economica (una quota inferiore alla media globale, che si attesta al 30%).

A trainare questa tendenza sono soprattutto le nuove generazioni, con il 26% della Gen Z e il 36% dei Millennials (1981-1996) che includono la sostenibilità tra i cinque criteri fondamentali nelle scelte di acquisto, in linea con la media globale rispettivamente del 36% e 34%.

Floriana D’Angelo, Fashion & Luxury Consulting Lead di EY Italia, aggiunge: “L’aspettativa, oggi sempre più diffusa, è che i brand dimostrino un impegno concreto verso la sostenibilità con strategie e scelte concrete, dall’utilizzo di packaging eco-friendly e alla ricerca di materiali innovativi, fino all’attenzione sempre maggiore alla tracciabilità della filiera e del sourcing, riconoscendo in esse i simboli di un lusso più consapevole, radicato nella qualità e artigianalità. I rispondenti italiani alla survey, infatti, attribuiscono una rilevanza significativa a temi come il packaging sostenibile (53%), la tracciabilità dei materiali (49%) e l’ethical sourcing (47%)”.

Sebbene il settore del lusso abbia beneficiato a lungo di una sostanziale flessibilità rispetto alla variazione dei prezzi, la prospettiva dei consumatori sta cambiando. Negli ultimi 12 mesi, a causa del prezzo troppo elevato quasi 1 consumatore su 3 a livello globale ha rinunciato a un acquisto pianificato; in Italia la percentuale scende al 23%, segnalando comunque nel prezzo una motivazione rilevante all’abbandono di un acquisto.

Una delle possibili risposte a questa dinamica potrebbe essere l’adozione di piani di pagamento flessibili (indicati dal 22% dei consumatori italiani), per evitare che i consumatori si orientino verso prodotti contraffatti, alternative economiche di qualità o rinuncino del tutto all’acquisto.

Il negozio continua a essere centrale nel percorso di acquisto dei clienti, scelto dal 73% degli italiani, in linea con il campione globale.

Incidono nella decisione di recarsi in un luogo fisico la possibilità di toccare e provare i prodotti prima dell’acquisto (per il 31% degli intervistati) e la personalizzazione del servizio (16%).

Le maison non possono comunque ignorare le aspettative digitali in evoluzione dei consumatori del lusso che, specialmente in riferimento ai nativi digitali, utilizzano il canale online (50%), principalmente per comodità (25%) e per la convenienza di prezzi e scontistiche (20%).

Il 32% del campione italiano, invece, opta per entrambi i canali, sottolineando il valore di un percorso d’acquisto fluido, che coniughi la dimensione sensoriale del retail fisico con l’accessibilità del digitale.

Inoltre, ottiene sempre più rilevanza la costruzione di una journey AI Powered nel potenziamento dell’esperienza online, tenendo conto degli elementi principali indicati dai clienti per un’esperienza soddisfacente: premi fedeltà e vantaggi esclusivi (41%), visualizzazione avanzata dei prodotti (38%), risposte immediate h24 (32%) e suggerimenti personalizzati (32%).

L’arricchimento dell’esperienza offerta ai clienti finali rappresenta un’opportunità unica per supportare revenue ed engagement, facilitando lo sviluppo di nuove formule di intimacy con i brand.

Una percentuale significativa dei rispondenti italiani (74%) ha dichiarato che sarebbe più propensa a concludere l’acquisto qualora venissero offerte esperienze uniche ed esclusive (83% nel mondo).

Un chiaro segnale che il valore percepito non si limita al prodotto, ma si costruisce sempre più attraverso emozioni, esclusività e connessione con il brand.

Si tratta di un ampio potenziale ancora inesplorato per le maison, in quanto il 41% dei consumatori dichiara di non aver beneficiato di alcuna esperienza offerta da un brand di lusso negli ultimi 12 mesi.

Tra le proposte preferite dai clienti spiccano i viaggi di lusso ed esperienze esclusive (28%) e le visite agli atelier (28%); per alcune di esse sarebbero anche disposti a pagare (65%).

Rispetto ai nuovi modelli di business, oltre un terzo dei consumatori italiani dichiara di aver già acquistato articoli di lusso di seconda mano (il 38% a livello mondiale), mentre il 17% lo fa regolarmente.

Le motivazioni cambiano con l’età: i Baby Boomer per avere accesso a pezzi rari e da collezione (60%), spinti da unicità e valore nostalgico, mentre la Gen Z adotta un approccio più pragmatico e acquista il lusso di seconda mano per il potenziale di investimento o rivendita (25%).

Il principale ostacolo per gli intervistati italiani è rappresentato dalle preoccupazioni riguardanti l’autenticità e la qualità (18%), oltre alla sfiducia verso le piattaforme e i venditori di rivendita (13%).

Esistono però ulteriori nuovi modelli di business che possono rappresentare una potenziale leva di crescita per i brand del lusso, tra cui la subscription, il noleggio e il pre-order.

Tra questi, il noleggio di prodotti di lusso si sta affermando come un’opzione sempre più considerata.

In Italia, la maggior parte dei consumatori valuta il noleggio occasionale di articoli di lusso come alternativa all’acquisto (54%, +14% rispetto al campione).

Anna Nasole, Partner EY Parthenon, Fashion, Luxury & Beauty in Italia, spiega: “Il lusso sta vivendo un riposizionamento profondo: i consumatori non premiano più solo lo status ma coerenza ‘value for money’, quindi qualità riconoscibile, autenticità, sostenibilità ed esperienze. Per i brand questo significa concentrare gli investimenti su tre direttrici: innovazione di prodotto e rafforzamento della filiera per preservare eccellenza e artigianalità; digitalizzazione e omnicanalità per garantire una customer journey fluida e personalizzata; e sostenibilità concreta come leva competitiva e reputazionale. È la capacità di trasformare queste priorità in leve strutturali che oggi fa la differenza e rende le aziende attrattive agli occhi degli investitori”.

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