Ministro, ci risiamo? È di nuovo scontro tra politica e giustizia?
«Nessuno vuole lo scontro. La riforma della giustizia del centrodestra è semplicemente uno dei pilastri della storia di Forza Italia. In breve: giustizia al servizio dei cittadini».
Antonio Tajani, intervistato da Marco Cremonesi sul Corriere della Sera di domenica 20 luglio, oltre ad essere il vicepremier e il ministro degli Esteri, guida anche il partito, Forza Italia, che da più tempo insiste sulla separazione delle carriere in magistratura, testo che martedì approderà in Senato.
Il caso Open Arms e l’inchiesta di Milano, pur se non riguarda il centrodestra, le suggeriscono una suggestione? La riforma della Giustizia che si chiude con l’approvazione e le inchieste e i processi che si aprono (o riaprono)?
«Non voglio credere che ci sia questo tipo di azione ad orologeria. La riforma della Giustizia è parte importante del nostro programma elettorale, abbiamo vinto le elezioni anche per fare questo».
Beh però, per molti aspetti, ai magistrati non piace…
«Credo che i magistrati non abbiano motivi di preoccupazione. La riforma mette sullo stesso piano l’accusa e la difesa ed esalta il ruolo del giudice terzo. E sulla separazione delle carriere anche Giovanni Falcone riteneva che chi accusa non debba essere collega di chi giudica. E il tentativo di abolizione delle correnti che governavano il Csm è sacrosanto».
I giudici non possono avere opinioni?
«Io sono figlio di un militare. In famiglia, nessuno di noi ha mai saputo che cosa votasse mio padre. Chi ha incarichi al servizio della collettività dovrebbe astenersi dal manifestare le proprie opinioni politiche. Lei se li immagina carabinieri o finanzieri del Pd o di Forza Italia? Aggiungo che il mio rispetto per la magistratura è massimo: porto il cognome del primo magistrato antimafia della storia, Diego Tajani. Che poi diventò ministro della Giustizia con il governo Depretis».








