L’onestà è sacra. Anche Milano è sacra.
Lo sviluppo senza legalità – afferma Venanzio Postiglione sul Corriere della Sera – è un inganno e una trappola, una casa senza finestre.
La legalità senza fare niente è il circolo del bridge, gioco antico e nobile: tutti perbene e rigorosamente seduti.
Le inchieste si rispettano e le norme si seguono sempre, chi non lo fa va indagato e (se colpevole) condannato.
Buttare la croce su tutta Milano e i suoi talenti, sulla porta italiana verso il mondo, è una rivalsa politica (o personale o campanilistica) che vale poco e forse nulla: un danno all’intero Paese.
Che da qui resta agganciato all’Europa e al futuro.
Errori o reati di singoli?
Un sistema intero di illeciti?
Un gruppo di persone che ha reso Milano attrattiva e scintillante ma ha anche violato le regole?
In una Nazione di commissari tecnici e di giudici, val la pena aspettare i magistrati e gli eventuali processi.
O almeno, tra pochi giorni, gli interrogatori.
Nel frattempo tocca alla politica.
Tocca al sindaco Sala e ai suoi assessori: con spiegazioni chiare, nette, in grado di scacciare i dubbi.
Tocca alla sinistra, che governa Milano, e al centrodestra, che chiede le dimissioni della giunta, perché da una parte e dall’altra sarebbe adesso sensato (e utile) raccontare qual è l’idea di città.
Risposta sbagliata: due anni di campagna elettorale con il garantismo a fasi alterne.
Risposta possibile: dire che i reati sono reati, ma la crescita non è un delitto, il nuovo skyline è un vanto dell’Italia, i grattacieli (nelle regole) sono l’architettura del nostro tempo.
Solo una minoranza, pare, li abbatterebbe per rimetterci le giostre abbandonate.
Il rischio, come sempre, è il frullatore.
Mettere assieme la legalità sacrosanta con le polemiche politiche di parte, scambiare il progresso con il malaffare.
E sarebbe, invece, l’ora di una discussione vera, profonda, pacata, come qualcuno nella società sta già facendo: una sorta di grande occasione civile.
Quale Milano si vuole.
Come tenere unite la crescita e l’inclusione sociale.
Perché bisogna attrarre i migliori manager e allo stesso tempo occuparsi dei fragili e dei redditi più bassi, come sanno i 180 mila volontari che aiutano i quartieri.








