Maurizio Belpietro su La Verità scrive che non si capisce che cosa aspetti Beppe Sala a levarsi di torno.
Non solo parte della cricca dell’urbanistica comunale rischia la settimana prossima di finire dietro le sbarre, ma lui stesso è indagato.
A un anno dall’inizio dell’inchiesta, dopo una serie di tentativi messi in atto dallo stesso sindaco di Milano per fermare i pm con una legge ad personam, vale a dire un colossale condono che salvasse la sua giunta, lo scandalo dell’edilizia facile si sta allargando sempre di più.
Sono 74 le persone indagate, oltre 150 i cantieri sotto sequestro, mentre sugli oneri di urbanizzazione «regalati ai costruttori» girano cifre da capogiro.
Luigi Corbani, ex vicesindaco di una giunta di sinistra del passato, ha calcolato che in 15 anni Milano ha perso all’incirca un miliardo e mezzo di euro in opere di urbanizzazione, mai fatte e neppure monetizzate, mentre con i soli palazzi nel mirino della magistratura il Comune avrebbe potuto incassare 150 milioni.
«La città attrattiva che tanto piaceva a Sala», spiega lo stesso Corbani, «è una metropoli che fa pagare cifre bassissime a chi vuole costruire e regala terreni attorno a San Siro per valori di poco superiori ai 400 euro al metro quadro».
Ma lo scandalo non si risolve nella curiosa pratica di considerare ristrutturazioni le edificazioni di grattacieli là dove sorgevano edifici a due piani, senza chiedere ovviamente un euro in cambio.
No, c’è anche l’incredibile commistione tra vigilato e vigilante, con conflitti di interessi tra progettisti, costruttori, politici e controllori.
Tutti amici, tutti compagni, tutti pronti ad autorizzare ciò che secondo la Procura non è autorizzabile.
Certo, un’inchiesta non è una sentenza di condanna e tutti vanno ritenuti innocenti fino a che non intervenga un pronunciamento definitivo.
Ma nelle intercettazioni si sentono professionisti che sono inorriditi di fronte alla prassi che loro stessi sono chiamati a giustificare, dando via libera alla realizzazione di veri e propri ecomostri nei cortili di alcune abitazioni.
Architetti e commissari riconoscono che in nessun altro angolo d’Italia si è consentito di tirar su casermoni senza alcuna concessione edilizia e senza un’analisi dell’impatto ambientale sulla città.








