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Muoviti Europa, serve un pacchetto di incentivi per investimenti in tecnologia, ricerca e innovazione | L’analisi di Erico Verderi

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Sale la preoccupazione per i dazi, per l’Italia, secondo paese esportatore d’Europa, con quasi 65 miliardi verso gli USA, (dietro solo alla Germania) e per l’intera Unione Europea.

Pensiamo ai nostri macchinari, alla filiera agroalimentare, al farmaceutico, all’abbigliamento, agli autoveicoli

L’amministrazione statunitense, da qualche mese, ha intrapreso una politica protezionistica, imprevedibile e ondivaga per migliorare il deficitario saldo commerciale.

Nell’ultima missiva dell’amministrazione USA, con cui comunica all’UE l’applicazione di dazi al 30% dal primo agosto, si può leggere tra le righe, un piccolo spiraglio per una trattativa, ma anche una sorta di monito, che a fronte di una ritorsione UE, questa in pari misura si andrebbe ad aggiungere al già citato 30%.

Per ora l’Unione Europea ha tenuto nervi saldi.

Di certo nessuno ha voluto e vuole una escalation.

Una guerra commerciale non porta alcun vantaggio, nemmeno agli Stati Uniti.

Non siamo gli unici destinatari di tale politica, dopo l’accordo raggiunto con la Cina e la Gran Bretagna residuano altri paesi di non poco conto: Brasile, Canada, Corea del Sud, Giappone, Indonesia e Messico.

Un’ipotesi di fronte comune, oggi ancora prematura, garantirebbe un peso ben maggiore nelle trattative con possibilità di ampliare l’oggetto del contendere.

Già una UE coesa sarebbe un bel risultato; forse molti temono proprio questo, consapevoli di quella che è la nostra forza.

Il tempo a disposizione scarseggia, la partita va disputata ora, non è più differibile e all’auspicabile tavolo negoziale deve sedersi una UE compatta in tutte le sue componenti, che non è la somma degli interessi di ogni singolo paese bensì l’espressione del maggior interesse comune dell’Unione.

Come avvenuto in passato ci si aspetta che anche i tecnici tornino a esercitare un ruolo rilevante.

Auguriamoci che il recente accordo raggiunto tra i paesi del G7 in tema di Global Minimum Tax (livello di imposizione fiscale minimo globale per i gruppi multinazionali di imprese) non diminuisca il potere contrattuale dell’Europa nelle eventuali future trattative.

Questo scenario di incertezza con una produzione che langue e gli investimenti ridotti al minimo, non è a lungo sostenibile.

Occorre ridare fiducia alle imprese, allargare gli orizzonti e individuare nuovi sbocchi per le nostre esportazioni, va fatto subito.

A difesa dell’export italiano ed europeo, è vitale rafforzare quei settori ad alto valore aggiunto che spesso producono beni indispensabili o diretti a utenti alto spendenti oltre ad essere più idonei ad ammortizzare una politica protezionistica.

Non è più sufficiente farlo a livello di singolo paese.

A fronte di una situazione straordinaria deve corrispondere una serie straordinaria di provvedimenti, anche modificando le attuali regole UE.

Indispensabile un pacchetto di incentivi volto a favorire investimenti in tecnologia, ricerca e innovazione, per essere ancora più competitivi e accrescere quel valore aggiunto che è anche garanzia di migliori salari e conseguenti maggiori consumi.

I punti fermi del passato non ci sono più e mai ci saranno, ne va preso atto con assoluta consapevolezza e con altrettanta consapevolezza va costruita una Europa forte, in tutte le sue sfaccettature, da quella politica a quella economica.

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