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Serve un’Europa tranquilla, unita e aperta per trattare con Trump | L’analisi di Paolo Gentiloni

La lettera di Trump – commenta su Repubblica Paolo Gentiloni – ha colpito gli europei per l’entità dei dazi al 30%, dazi che avrebbero conseguenze molto gravi per esportazioni che valgono oltre 530 miliardi, e anche perché ha bruscamente interrotto un negoziato tecnico che aveva quasi raggiunto un accordo — tre paginette di principio — non certo favorevole ma assai meno gravoso.

Di qui il freddo disappunto con cui Ursula von der Leyen ha “preso atto” della lettera.

Ora si moltiplicano gli inviti alla calma, specie dall’Italia.

Capisco: è inutile rispondere per le rime ed è bene provare a limitare i danni.

Ma per evitare una guerra commerciale bisogna essere in due.

E finora la strategia delle concessioni per corteggiare Trump si è rivelata un fragoroso fallimento.

L’Unione europea ha congelato ogni possibile contromisura, ha tolto dal tavolo ipotesi di digital tax e ha addirittura, purtroppo, avallato la decisione americana di uscire dallo storico accordo per la tassazione minima al 15% dei giganti multinazionali.

In cambio, ha ricevuto una lettera-tipo, nella quale si avverte Ursula von der Leyen che i dazi potranno variare in base al variare dei rapporti con il Suo Paese (sic!).

Lettere che arrivano all’improvviso e possono produrre effetti disastrosi.

Come temporali estivi.

Bene dunque cercare un’intesa fino all’ultimo, c’è tempo almeno fino al primo agosto.

Ma sul tavolo, oltre alla lettera di Trump, andrebbe messo anche l’arsenale economico dell’Unione europea.

Una superpotenza, la prima al mondo in termini commerciali, non può condannarsi a fare da spettatore nel nuovo grande gioco geopolitico che abbiamo davanti.

Se l’Ue resta a guardare, i cittadini europei ne pagheranno le conseguenze innanzitutto sul piano economico.

È finita infatti l’epoca dei giganti economici che possono essere nani geopolitici.

Un’Europa tranquilla, unita e aperta al mondo può difendere i propri interessi.

Il nostro interlocutore dall’altra parte dell’Atlantico è tutt’altro che onnipotente.

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