Serena Sileoni sulla Stampa commenta la vicenda della mozione di sfiducia a Ursula von der Leyen, presentata e sostenuta dai cosiddetti partiti euroscettici.
“Eppure – scrive l’editorialista – è stato il gruppo dei socialisti e democratici il più incerto, tra quelli che appoggiano la von der Leyen, se cogliere l’occasione e astenersi per dare un segnale di malcontento agli ammiccamenti del Ppe e della Presidente alle istanze di destra. Per citare solo uno degli ultimi casi che hanno generato malumori a sinistra, due settimane fa, von der Leyen annunciava, salvo poi ripensamenti, il ritiro della proposta sulla direttiva Green claims, con un evidente sgambetto ai socialisti.”
“Se la lettura della mozione votata ieri si fermasse qui, non ci sarebbe molto di nuovo. C’è, tuttavia, un aspetto più sottile. Una delle cose che vengono rimproverate a von der Leyen è l’accentramento di potere, nelle mani sue e della Commissione. Si spiega così, tra i motivi della mozione, quello dell’uso scorretto della procedura di urgenza per il piano di difesa europeo, su cui il Parlamento ha già espresso formalmente le sue perplessità. Si tratta di una procedura utilizzata anche per il Next Generation EU (cioè per i Pnrr), che consente ai vertici esecutivi dell’Unione di ritagliarsi in via esclusiva un ruolo politico e operativo capace di oltrepassare le competenze proprie e le funzioni ordinarie.”
“Ad essere stati messi sotto censura, quindi, non sono solo aspetti specifici o singole iniziative della Commissione, ma le modalità con cui questa sta progressivamente superando le rigidità dei trattati, nell’impossibilità politica di riformarli: iniziative per una legislazione sempre più direttamente applicabile, gestione di un debito comune, competenze e poteri afferrati tramite procedure emergenziali, politicizzazione – anche mediatica – del proprio ruolo, accentramento interno in mano alla presidente.”
“L’Unione europea non è uno Stato, ma questa Commissione spinge per prendere le fattezze di un governo nazionale. Può avere dalla sua parte tutte le ragioni politiche e geopolitiche, come si usa dire di questi tempi. Ma – conclude – specie di fronte al Parlamento europeo, non può nasconderle dietro a forzature istituzionali capaci di generare una politica europea più forte sì, ma tecnicamente irresponsabile.”








