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La Commissione Europea e la procedura di infrazione contro l’Italia per la golden power | L’analisi di Salvatore Rossi

“Dunque, la Commissione europea si appresterebbe ad aprire una procedura d’infrazione contro l’Italia per avere esercitato in modo illegittimo il cosiddetto ‘potere dorato’ (golden power) nel caso Unicredit-Bpm”.

Salvatore Rossi sulla Stampa parla del risiko bancario e osserva che il governo è intervenuto “ai sensi di una legge del 2012, arricchita nel 2019, che prevede divieti o condizioni in caso di pericolo concreto per la sicurezza nazionale o l’ordine pubblico, che discenda da operazioni societarie fra un’azienda italiana e una straniera. Nel caso Unicredit-Bpm il governo ha sostenuto che Unicredit è da considerarsi straniera perché la maggior parte delle sue azioni sono in mano a stranieri.”

“Dal punto di vista economico, nessuno dei due assunti ha senso in un mondo globalizzato, quale il nostro continua nonostante tutto a essere. L’idea che il sistema creditizio rilevi per la sicurezza nazionale perché il risparmio degli italiani è tutelato dalla Costituzione – scrive l’editorialista – presuppone che soltanto una banca italiana possa gestirlo; ma questo cozza con la sacrosanta tutela che il risparmio indubbiamente merita, secondo cui la gestione dev’essere di chi, italiano o giapponese, assicuri il miglior rendimento e la maggior tranquillità.”

“L’idea che un’impresa cessi di essere italiana nel momento in cui i suoi azionisti non lo sono è anacronistica, perché ignora il ruolo dei fondi d’investimento, che possiedono, per conto dei risparmiatori di tutto il mondo, gran parte delle azioni delle grandi imprese, anche italiane. La nazionalità di un’impresa conta, eccome, ma è data dal luogo in cui quell’impresa ha la sua “testa”. Da questo punto di vista, secondo me è fuor di dubbio che Unicredit sia italiana.”

“Capisco come giuridicamente la questione sia scivolosa, ma il senso economico mi sembra chiaro. La Commissione europea contesterebbe all’Italia, se le anticipazioni delle agenzie di stampa sono corrette, l’infrazione delle regole europee sulla libera circolazione dei capitali. Le norme europee ammettono la possibilità che gli ordinamenti nazionali dei Paesi membri dell’Unione abbiano forme di controllo degli investimenti esteri, ma in questo caso l’Italia avrebbe violato i principi sottostanti. Il governo italiano poteva immaginare una censura di questo tipo? Sì – conclude – ma l’obiettivo di ostacolare pur provvisoriamente l’operazione ha prevalso.”

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