Sabino Cassese, sul Corriere della Sera, riflette sul “lato debole della democrazia e sui limiti ai poteri”: “Il presidente Trump – scrive l’editorialista – ordina la deportazione degli immigrati, limita la libertà della ricerca, licenzia dipendenti pubblici, ordina e minaccia interventi militari, oscilla continuamente tra annunci e ritrattazioni, tutto questo senza espresse autorizzazioni parlamentari. È la prima volta che accade nella bicentenaria storia della democrazia americana? Si può dire che siamo in presenza di una torsione autoritaria o che riprendono vigore i germi di totalitarismo insiti in quella democrazia? Considerato che l’America ha insegnato la democrazia al mondo, dobbiamo preoccuparci che le democrazie possano fare salti indietro?”
Cassese cita quindi le presidenze Truman e Jackson, il maccartismo, e osserva:
“Che cosa ci insegnano questi corsi e ricorsi? Che la lotta tra democrazia e autocrazia non finisce mai. Che anche le democrazie possono avere al loro interno germi di autoritarismo. Che anche le democrazie hanno cicli e involuzioni. Che, tuttavia, si può essere ottimisti in quanto proprio la storia americana mostra che, dopo l’esperienza del presidente Jackson nell’‘800 e del maccartismo nel ‘900, in un breve volgere di anni, la democrazia ha ripreso quota. Che, infine, bisogna stare attenti agli elementi che possono produrre erosioni o retrocessioni della democrazia.”
“Su questo tema, è appena uscito un libro intitolato Global Challenges to Democracy. Comparative Perspectives on Backsliding, Autocracy and Resilience, edito dalla Cambridge University Press, in cui molti studiosi si sono interrogati sui segni di debolezza della democrazia. Gli autori elencano, tra gli altri, la politicizzazione del pubblico impiego, il tradimento delle promesse fatte dalla politica agli elettorati, la manipolazione delle leggi elettorali e dei relativi processi”.
“Ci siamo insomma illusi – conclude – che le democrazie non abbiano dentro di sé sacche di totalitarismo, senza ascoltare l’avvertimento del giovane Tocqueville che, già nel 1835, nel libro che scrisse dopo il suo viaggio, notò le possibili derive dalla democrazia verso il dispotismo.”








