Analisi, scenari, inchieste, idee per costruire l'Italia del futuro

L’ennesima guerra fa salire alle stelle la bolletta della luce | L’analisi

A poco più di una settimana dallo scoppio della guerra tra Israele e Iran, in Italia non si è ancora registrato alcun significativo aumento del prezzo alla pompa dei carburanti. Anzi, le prime indicazioni segnalano un leggero ribasso delle quotazioni di gran parte dei prodotti petroliferi.

La situazione odierna è molto diversa da quella verificatasi nel febbraio del 2022, quando la Russia invase l’Ucraina. Certo, se la situazione dovesse precipitare, con un allargamento del teatro di guerra e/o una chiusura dello Stretto di Hormuz — dove, ricordiamo, transita il 30 per cento circa del petrolio mondiale e quasi il 20 per cento del gas — quasi sicuramente assisteremmo a uno shock petrolifero spaventoso e a un’impennata dei prezzi su scala globale di tutte le materie prime.

È l’analisi dell’Ufficio studi della Cgia, secondo cui “almeno per il momento non sono previste tensioni sul fronte dei prezzi dei carburanti, ma la stessa cosa non possiamo ipotizzarla per l’energia elettrica e il gas”.

Anche se gli effetti sulle bollette delle imprese non sono riconducibili alla guerra in Medio Oriente, l’Ufficio studi della Cgia ha stimato in 13,7 miliardi in più (pari al +19,2 per cento) il costo che le imprese italiane dovranno sostenere quest’anno rispetto al 2024, di cui 9,7 miliardi per le bollette della luce e 4 miliardi per quelle del gas.

L’Ufficio studi della Cgia è giunto a questi risultati ipotizzando che per il 2024 e il 2025 i consumi in capo alle aziende siano gli stessi di quelli registrati nel 2023. Per quanto riguarda i costi, invece, quelli del 2025 sono stati calcolati considerando un prezzo medio dell’energia elettrica di 150 euro per MWh e di 50 euro per il gas, rispettando la proporzione di 3 a 1 tra i due prezzi così come verificatosi mediamente negli anni 2023 e 2024.

Dal momento che i prezzi attuali di energia elettrica e gas viaggiano su una media semestrale (da gennaio 2025 ai primi 15 giorni di giugno) di 119 euro per MWh per l’energia elettrica e di 43 euro per MWh per il gas, l’ipotesi media annua di 150 euro al MWh per l’energia elettrica e di 50 euro per MWh per il gas sarebbe rispettata con prezzi medi dell’ordine di 180 euro al MWh per l’energia elettrica e di 60 euro per il gas nell’intero secondo semestre del 2025: si tratterebbe quindi di un’ipotesi di massima, come indicato in precedenza.

Si fa presente che l’aumento dei costi energetici per le imprese risulterà meno che proporzionale rispetto alla variazione dei prezzi della borsa energetica, in quanto l’aumento del prezzo della materia prima non impatta su tutto il costo complessivo della bolletta (che comprende anche costi di commercializzazione, trasmissione, oneri, tasse, margini ecc.).

Pertanto, rispetto a un’ipotesi di aumento del prezzo della materia prima del 38% (stimato per il 2025 rispetto al 2024), le rispettive crescite dei costi per le imprese risulteranno inferiori (+18% per l’energia elettrica e +25% per il gas).

A livello regionale, visto che la maggioranza delle attività produttive e commerciali è ubicata al Nord, i rincari relativi al 2025 di luce e gas interesseranno in particolare le aree che presentano i consumi maggiori: vale a dire la Lombardia con un aggravio di 3,2 miliardi di euro, l’Emilia Romagna con +1,6 miliardi, il Veneto con +1,5 e il Piemonte con +1,2.

Sull’incremento di costo previsto per quest’anno, che a livello nazionale dovrebbe essere pari a 13,7 miliardi, 8,8 miliardi (pari al 64 per cento del totale) saranno in capo alle aziende settentrionali.

Le aree regionali che, invece, saranno meno interessate dagli aumenti sono ovviamente quelle più piccole, come la Basilicata che dovrebbe registrare una variazione pari a +118 milioni, il Molise con +64 e la Valle d’Aosta con +44 milioni.

Con un eventuale aumento dei costi delle bollette elettriche, i settori più “colpiti” potrebbero essere quelli che registrano i consumi più importanti. Riferendoci ai dati dei consumi pre-Covid, essi sono: metallurgia (acciaierie, fonderie, ferriere, etc.); commercio (negozi, botteghe, centri commerciali, etc.); altri servizi (cinema, teatri, discoteche, lavanderie, parrucchieri, estetiste, etc.); alimentari (pastifici, prosciuttifici, panifici, molini, etc.); alberghi, bar e ristoranti; trasporto e logistica; chimica.

Per quanto concerne le imprese gasivore, i comparti che potrebbero subire gli effetti economici maggiormente negativi potrebbero essere: estrattivo (minerali metalliferi ferrosi e non ferrosi, etc.); lavorazione e conservazione alimenti (carni, pesce, frutta, ortaggi, oli e grassi, etc.); produzione alimentare (pasta, pasti, gelati, etc.); confezione e produzione tessile, abbigliamento e calzature; fabbricazione/produzione legno, carta, cartone, ceramica, utensileria, plastica e chimica; fabbricazione apparecchiature elettriche ed elettroniche, macchine utensili e per l’industria, etc.; costruzione di navi e imbarcazioni da diporto.

SCARICA IL PDF DELL'ARTICOLO

[bws_pdfprint display=’pdf’]

Iscriviti alla Newsletter

Ricevi gli ultimi articoli di Riparte l’Italia via email. Puoi cancellarti in qualsiasi momento.

Questo sito utilizza i cookie per migliorare l'esperienza utente.