Il pacchetto Omnibus, preparato in febbraio dalla Commissione sulla revisione delle direttive riguardanti la sostenibilità, contiene la promessa di semplificare i requisiti di rendicontazione climatica, riducendo la platea dei soggetti obbligati dell’80% (l’85% delle aziende assicurative sarebbe esentata) e rinunciando alla standardizzazione degli indicatori.
Dopo essere rimasto in stand by per molti mesi, sembra che verrà presentato entro l’estate, insieme alla revisione anche di altri obblighi.
Le ulteriori dilazioni riguarderebbero, oltre al rinvio del bando nella vendita di nuove auto a combustione dal 2035, anche l’alleggerimento degli obiettivi di riduzione delle emissioni tra il 2030 e il 2040.
Gli Stati sono infatti legalmente tenuti a rispettare l’obiettivo di riduzione del 55% al 2030 come tappa intermedia per raggiungere zero emissioni nel 2050.
Sulla traiettoria dal 2030 non vi è però ancora un obbligo.
Alla Cop 29 era stata individuata la necessità di controllare il percorso, ponendo l’obiettivo di riduzione al 90% al 2040, da ratificare alla Cop 30 in autunno a Belém in Brasile.
Mettere in discussione la traiettoria significa nei fatti lasciar concentrare lo sforzo sugli anni finali del decennio, confidando su tecnologie ad ora non disponibili sul mercato, affidandosi nel frattempo alle vecchie tecnologie basate sulle fonti fossili.
Dovremmo aspettarci quindi un’accelerazione nell’aumento delle temperature.
L’obiettivo di contenere l’aumento a 1,5 gradi già non sembra più possibile, ma un rinvio delle tempistiche non è senza conseguenze: i rischi climatici, gli eventi estremi diventano più probabili anche nel medio termine.
Le istituzioni finanziarie hanno espresso pareri preoccupati sul pacchetto Omnibus.
La Bce e le autorità di controllo dei mercati finanziari lamentano che la riduzione dell’ambito di applicazione avrà impatto negativo sulla possibilità di monitorare con indicatori affidabili il rischio climatico sui mercati finanziari e la stabilità dei prezzi.
Le modifiche proposte faranno fare anche passi indietro alle normative precedenti: le imprese (con più di 500 addetti) che attualmente già presentano relazioni ambientali non saranno più soggette agli obblighi di rendicontazione di sostenibilità.
Circa un istituto creditizio rilevante su otto (stime Bce) e la grande maggioranza degli istituti meno significativi non saranno più soggetti agli obblighi di rendicontazione di sostenibilità.
Il processo di aumento nella trasparenza e standardizzazione degli indicatori ESG, necessario per ridare fiducia agli investitori, torna ad essere affidato alla precaria e spesso distorsiva (greenwashing) iniziativa volontaria.
Mentre i rischi climatici aumentano, la maggioranza nel Parlamento Europeo allunga i tempi dell’azione senza preoccuparsi di quantificare i costi per la collettività che questo comporterà.
La Presidente della Commissione, Von der Leyen, che pure aveva spinto sull’approvazione delle direttive del Green Deal nella precedente legislatura, ha applaudito agli annunci dei rinvii.
Gli antropologi avvisano che la scarsa lungimiranza sulle conseguenze dello sfruttamento della natura sta assumendo le caratteristiche della trappola evolutiva.








