Un dato abbastanza sicuro va profilandosi, scrive sul Corriere della Sera Ernesto Galli della Loggia: l’operazione militare organizzata da un anno e mezzo da Israele sta andando incontro a un fallimento.
Israele non è sconfitto, ma sta egualmente perdendo. Rintanata tra le macerie di Gaza, Hamas, benché colpita duramente, esiste e resiste ancora, e distruggerla è pressoché impossibile senza un’occupazione militare massiccia e permanente della Striscia. Che però appare difficilissima a realizzarsi.
Ma è troppo facile considerare chiuso qui il discorso aggiungendovi, come d’obbligo, l’immancabile condanna di Israele. Troppo facile politicamente, intellettualmente, e — per chi a questo genere di cose fa qualche attenzione — anche abbastanza vile moralmente.
Dopo la macelleria del 7 ottobre, infatti, nessuno in Occidente osò pensare che Israele non dovesse reagire in qualche modo. Ma a nessuno venne in mente, però, di organizzare, ricorrendo a tutti i canali disponibili (diplomatici e non), una pressione continua, decisa, crescente verso il mondo islamico perché Hamas fosse costretto a restituire immediatamente l’enorme numero di ostaggi nelle sue mani: che era il vero punto, anche emotivamente, in quel momento decisivo.
Tutti deprecarono, ma nessuno fece niente. Israele fu lasciato assolutamente solo a vedersela con i briganti del terrorismo islamista. Israele si è infilato così a testa bassa nel tunnel senza uscita di qualcosa che sempre più assomiglia a uno sterminio.
Uno sterminio che tuttavia ha questa bizzarra singolarità: che potrebbe essere fermato in ogni momento se solamente chi dice di rappresentare gli sterminati, cioè Hamas, decidesse di restituire i pochi ostaggi ormai sopravvissuti.
Ciò che però, nel loro cinismo, i terroristi, naturalmente, si guardano bene dal fare. Potendo così oggi assaporare una doppia vittoria: dopo aver umiliato il 7 lo Stato ebraico, tenerlo inchiodato al ruolo di oggetto dell’esecrazione universale, avendo aggiunto agli ebrei catturati un anno e mezzo fa l’intera popolazione palestinese di Gaza come propri ostaggi.








