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Chi soffre esige rispetto | L’analisi di Carlo Valentini

Fine vita, chi soffre esige rispetto.

Ne parla Carlo Valentini su Italia oggi: “La materia – scrive – è delicata e va affrontata con garbo.

Sarebbe opportuno non infarcirla di slogan, etici o politici, bensì trovare una soluzione appropriata che risponda a quella che è un’esigenza reale, nel giusto equilibrio tra le diverse sensibilità.

Con una popolazione che invecchia e la medicina che ha fatto passi avanti anche in campo tecnologico, il fine vita in talune situazioni non può più essere ritenuto un problema residuale.

C’è un diritto alla vita ma ci dev’essere pure un diritto a una morte dignitosa.

Negare questo diritto e costringere una persona a una sofferenza irreversibile è disumano.

Il campo andrebbe sgombrato sia dagli eccessi di chi crea confusione mescolando il fine vita dignitoso con l’eutanasia (che è un’altra fattispecie) sia da chi pretende di imporre una propria visione etica e religiosa a chi ha sensibilità e pensieri diversi.

Che la politica, cioè il parlamento, non riesca a trovare un punto d’incontro su una legge che, con gli opportuni paletti, consenta a chi è in una situazione terribile e di non ritorno di scegliere di non procrastinare una sorta di tortura, è disdicevole per i parlamentari.

Va sottolineato, tra l’altro – aggiunge – che si tratta di consentire una libera scelta personale.

Chi ritiene, per proprie convinzioni, di comportarsi diversamente merita lo stesso rispetto di chi invece decide di avvalersi dell’auspicata legge.

Un ultimo, emblematico caso è avvenuto negli scorsi giorni a Bologna dove è deceduta per cause naturali dopo lunghe sofferenze una persona che aveva chiesto il suicidio assistito per mettere fine al proprio calvario.

Era stata accertata la sussistenza di tutte le condizioni fissate dalla Corte Costituzionale, ma il Tar aveva accolto la sospensiva presentata da una consigliera regionale di Fi e stoppato temporaneamente la sua richiesta.

Che colui che si ritrova in queste situazioni senza scampo debba aggiungere alla propria sofferenza fisica le traversie politico-giudiziarie è riprovevole.

A questo punto non si tratta più di etica, ma di buon senso”.

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