”Rispetto alle politiche delle aree interne abbiamo una programmazione 2014-2020 che ad oggi ci dice che rispetto a 1 miliardo e 200 milioni complessivamente a disposizione siamo arrivati a una messa in moto di poco più del 50% e in una spesa che è di poco superiore a un terzo”.
Sono i numeri forniti dal ministro per gli Affari europei, le politiche di coesione e il PNRR Tommaso Foti, stamattina in audizione presso la Commissione parlamentare di inchiesta sugli effetti economici e sociali derivanti dalla transizione demografica.
E questo, ha evidenziato, “è un problema di difficoltà, non è di impossibilità”, legato anche alla ”disponibilità di personale amministrativo degli enti che è ridotta numericamente e ancora più ridotta sotto il profilo dei profili professionali che oggi servono”.
Il Piano Strategico individua alcuni ambiti di intervento: infrastrutture e servizi essenziali, tra i quali istruzione, sanità e mobilità.
Oggi, ad esempio, si possono sfruttare le opportunità date dalla telemedicina e dell’assistenza a distanza, oppure dallo smart working, ma questo presuppone che ci siano i servizi e la connettività, dimostrando la connessione tra le varie problematiche e la necessità di ”un piano completo e sinergico”.
Occorre poi agire sul sostegno alle imprese locali, alla formazione e l’occupazione, sul valore delle risorse naturali, delle risorse culturali locali, ”perché dobbiamo anche cercare di riscoprire le particolarità, le situazioni e le traduzioni di alcuni territori, collegandoli alle nuove competenze e alla presenza nei settori emergenti”, rimanendo ben consapevoli che ”non è che risolviamo il problema se recuperiamo un antico frantoio”.








