No alle decisioni avventate, ma risposte ponderate. Perché l’effetto sarà differente a seconda dei comparti produttivi. «Per l’Italia, e in particolare per determinati settori, l’introduzione dei dazi è un grande problema, tuttavia in questo momento dobbiamo essere pazienti. Capire cosa significhi davvero la mossa dell’amministrazione americana. Non mi lascerei prendere dal pessimismo, l’Italia e Bruxelles possono dire la loro senza timore. E confido che lo facciano». Marco Checchi è amministratore delegato del gruppo Pelliconi, 270 milioni di euro di fatturato, numero uno al mondo nella produzione dei tappi a corona e in plastica con 35 miliardi di pezzi prodotti all’anno di cui il 95% esportato in più di 100 Paesi nel mondo.
L’intervento di Donald Trump vi preoccupa?
«Come tutte le restrizioni ai commerci globali, ha conseguenze dirette e indirette. Le prime ci toccano meno, abbiamo due impianti negli Usa e altrettanti in Cina, uno in Canada ed Egitto, la novità di quest’anno è il Sudafrica. Però non siamo esenti da ricadute per l’acquisto delle materie prime: l’alluminio, per esempio, non viene prodotto negli Usa e quindi dobbiamo importarlo. È una catena e alla fine è inevitabile che i prezzi aumenteranno. Trump si augura che ci possa essere una riallocazione delle industrie sul suolo nazionale, ma è dimostrato che proteggere un mercato nel lungo periodo è negativo. Si perde la sfida dell’innovazione, perché chi è difeso da un dazio non investe in ricerca».
Le nostre aziende reggeranno l’onda d’urto?
«Tra le critiche rivolte alle imprese italiane i temi ricorrenti sono le dimensioni inadeguate, l’indebitamento verso il sistema bancario, che non si aprono al capitale. Tutto ciò viene considerato un difetto, una fragilità. Ebbene, nel periodo del Covid abbiamo avuto la dimostrazione opposta: molte aziende si sono salvate e sono ripartite proprio grazie alla loro flessibilità e alla velocità di adattamento consentita proprio dalla taglia. Credo che con l’avvento dei dazi accadrà la stessa cosa, sono agili nel correggere la rotta a differenza di molte multinazionali».
Eppure c’è chi paventa una recessione.
«Non temo questo effetto. Sul tema ho fiducia nella politica del governo e l’Europa è perfettamente in grado di gestire la questione, a condizione che vada bene a fondo per capire quali siano i settori più colpiti. Per questo bisogna ragionare a mente lucida».
Intanto però la Ue ha risposto con i contro dazi.
«Una battaglia non conviene a nessuno. L’Europa non deve mettersi al livello dell’amministrazione americana, non è così che la nostra tradizione ci porta a essere. Le competizioni commerciali si vincono con l’ingegno, con investimenti e in certi casi con aiuti forniti dalle istituzioni ad aziende o settori particolarmente toccati. Non mi lascerei sfidare a duello da Trump».








