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Rendere obbligatorio il cognome materno è davvero la nostra priorità? | L’analisi di Serena Sileoni

“Le priorità politiche non sono numerabili da 1 a 10. Così, mentre Bruxelles diffonde un piano di sopravvivenza ai cittadini dell’Unione europea, Franceschini annuncia al suo gruppo in Senato di voler proporre una legge per rendere obbligatorio l’uso del cognome materno”.

Serena Sileoni sulla Stampa critica l’idea dell’esponente dem: “La proposta non toglie e non aggiunge nulla alle esigenze del momento. In fondo, le idee sono una delle poche cose non scarse di questo mondo. Non costa nulla farle e c’è posto per tutte, anche per quelle che non riguardano le più attuali impellenze. L’iniziativa però lascia perplessi, per due ordini di motivi.

Il primo è politico: se è vero che le questioni politiche non si affrontano una alla volta come i pioli di una scala, non c’è altro modo di scalare il governo che salirli tutti. Per il Pd, chiarire per intero la propria offerta politica anche sulle questioni più urgenti è un percorso, prima o poi, inevitabile.

C’è poi – spiega l’editorialista – un motivo più generale e di merito. Il cognome del padre fa chiaramente rima con patriarcale. Anche per questo, nel costante e graduale scrollarci di dosso i retaggi di una società maschilista, è oggi consentita la possibilità di attribuire ai figli entrambi i cognomi o uno dei due, a scelta dei genitori e senza alcun automatismo per l’uno o l’altro.

La proposta di Franceschini, invece, ristabilisce, con l’obbligo di cognome materno, un vincolo uguale e contrario al cognome paterno. In nome di cosa dovremmo perdere, come donne e come uomini, la libertà appena conquistata?

Le ragioni plausibili sono due, non necessariamente escludenti tra di loro. La prima riguarda l’onere di decidere quale cognome dare o se darli entrambi. Per dirla col senatore, i doppi cognomi o la scelta di uno dei due possono creare infiniti problemi.

Ammesso e non concesso che siano questi i problemi dentro e fuori le nostre case, resta l’evidenza che, secondo la proposta, i conflitti familiari vadano risolti in radice dallo Stato.

C’è da far tremare i polsi ad arrivare alle estreme conseguenze di un ragionamento simile, degno letteralmente dell’immagine dello Stato come terzo incomodo persino sotto le nostre lenzuola.

Il principale partito all’opposizione – conclude – ha un evidente e sempre più ingombrante bisogno di trovare qualcosa, un messaggio, uno slogan da raccontare. Il matronimico di Stato ha forse a che vedere con questo, non con la disuguaglianza di genere. Ancor meno, con la libertà e i diritti delle donne.”

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