Sul Corriere della Sera Federico Rampini traccia un bilancio dei primi due mesi di «ciclone Donald» alla Casa Bianca, ricordando che la maggioranza degli elettori lo votò perché aveva più fiducia in lui che in Kamala Harris sui «fondamentali»: economia, inflazione, immigrazione, ordine pubblico. Pesava anche una reazione di rigetto contro gli eccessi dogmatici della cultura «woke». La sinistra ha pagato un prezzo per l’agenda Lgbtq+ più radicale, o le quote di assunzioni e altri privilegi riservati ad alcune minoranze etniche.
Sull’immigrazione Trump ha vinto metà della sua sfida. Sono bastati pochi gesti ad alto contenuto simbolico — una manciata di espulsioni e rimpatri, gruppi di clandestini ammanettati, qualche detenuto a Guantanamo — per esercitare un effetto-annuncio che ha fatto crollare i tentativi di attraversare la frontiera.
Sul fronte economico il clima è peggiorato: le Borse hanno perso quota, la fiducia dei consumatori pure. Le imprese non amano l’incertezza e questa Amministrazione ne crea tanta. Gli investitori, compresi i cosiddetti «oligarchi» (meno compatti o meno onnipotenti di come vengono raffigurati nelle dietrologie), forse avevano abbracciato un’interpretazione tattica dei dazi, pensavano che Trump li minacciasse per ottenere contropartite. Se saranno alti e durevoli lo scenario cambia.
Le preoccupazioni sulla tenuta della democrazia per adesso sono infondate. Basta vedere quanti provvedimenti della Casa Bianca sono bloccati dalla magistratura: i contropoteri della Repubblica sono vivi e vegeti.
Nel resto del mondo il primo effetto di questa presidenza sta nell’aver messo in difficoltà amici e alleati, ma in Europa gli shock multipli di Trump non sono privi di benefici. Se è vero che fin dalle origini la Comunità e poi l’Unione europea hanno fatto progressi quando hanno dovuto affrontare delle crisi, la regola sembra confermata.
Sulla difesa anzitutto. Gli europei hanno meno da rallegrarsi invece per l’esordio del dialogo Trump-Putin. La mini tregua è deludente. Putin sembra deciso a tener duro sulle richieste più estreme.








