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In Europa la spesa per la difesa nei paesi Nato è destinata a crescere tra il 53% e il 65% | L’analisi di PwC Strategy&

Se nel 1960 la maggior parte dei Paesi europei destinava il 4% del proprio PIL alle spese per la difesa, nel 2020 la percentuale è scesa fino all’1,5%.

Ma complessivamente, in Europa, la spesa per la difesa nei Paesi NATO è destinata a crescere tra il 53% e il 65% nei prossimi anni. È quanto emerge dallo studio PwC Strategy& “A New Defense Paradigm: Toward the Creation of a Common European Defense”, nel quale si sottolinea che negli anni i Paesi europei “si sono sempre più affidati agli Stati Uniti per la sicurezza” e “con gli USA che ora rappresentano il 70% della spesa totale per la difesa all’interno della NATO. Questa maggiore dipendenza sottolinea le sfide più ampie che le capacità di difesa europee devono affrontare e la necessità di sforzi concertati per affrontarle”.

L’attuale panorama geopolitico ha sollevato importanti preoccupazioni per la sicurezza globale. La dipendenza dall’approvvigionamento da fornitori esterni da parte dell’Europa, in particolare dagli Stati Uniti, ha evidenziato l’impreparazione dell’industria della difesa europea.

La sicurezza è diventata una priorità per i governi europei, con la Germania che ha stanziato un fondo straordinario per il riarmo da 100 miliardi di euro e la Francia che prevede un incremento del 40% del budget militare tra il 2024 e il 2030. Complessivamente, in Europa, la spesa per la difesa nei Paesi NATO è destinata a crescere tra il 53% e il 65% nei prossimi anni.

Tuttavia, l’Unione Europea rimane fortemente dipendente dagli Stati Uniti, che coprono oggi il 70% della spesa totale della NATO, lasciando il continente in una posizione di vulnerabilità e dipendenza strategica.

Nel rapporto si evidenzia inoltre che una maggiore integrazione tra gli stati europei potrebbe generare un risparmio di 75,5 miliardi di euro all’anno.

L’attuale scenario geopolitico, sottolinea Cesare Battaglia, Partner PwC Italia, Aerospace Defense & Security Leader, “segna un punto di svolta per la sicurezza dell’Europa, con i teatri operativi che si sono spostati ai confini dell’Unione e il mutamento delle geometrie delle alleanze internazionali, mettendo di fatto fine all’era del ‘Peace Dividend’. Oggi questa dinamica non è più sostenibile. Il quadro globale è in rapida evoluzione: le alleanze si stanno ridefinendo e gli Stati Uniti non hanno più lo stesso interesse strategico a garantire la sicurezza dell’Europa con investimenti e sovvenzioni come in passato”.

Di fronte a queste nuove sfide, aggiunge, “l’Europa deve ripensare in modo strategico la propria spesa per la difesa, adottando misure straordinarie che abbiano un impatto immediato e promuovano un incremento degli investimenti da parte dei singoli Stati membri e delle istituzioni europee. Ma non basta aumentare i budget: è fondamentale adottare un approccio più integrato e innovativo nell’utilizzo delle risorse, superando inefficienze e frammentazioni che oggi indeboliscono la capacità di risposta comune”.

Gli Stati Uniti chiedono oggi ai Paesi europei di assumersi una maggiore responsabilità per la propria sicurezza, in un’ottica di condivisione degli oneri.

Questo principio, sottolinea il rapporto, “si basa sull’ambizione di creare un quadro di difesa europeo coeso e capace, che consenta agli stati membri dell’UE di affrontare collettivamente sfide di sicurezza, migliorare la loro prontezza operativa e garantire l’autonomia strategica dell’Europa, con l’obiettivo finale di rafforzare il ruolo dell’UE all’interno della NATO, sviluppando al contempo la capacità di agire in modo indipendente quando necessario”.

La decisione dell’Unione Europea di avviare il programma Rearm Europe”, si rileva, “rappresenta un passo fondamentale verso una maggiore autonomia strategica per il continente. Con un investimento complessivo di 650 miliardi di euro, il piano risponde alle attuali sfide di sicurezza. La cooperazione industriale, l’innovazione tecnologica e l’incentivazione della produzione interna sono elementi chiave che permetteranno all’Europa di ridurre la sua dipendenza dalle potenze esterne e di affrontare le minacce globali con maggiore determinazione”.

Oltre alle minacce convenzionali, aumentano quelle derivanti dalle guerre ibride, con attacchi informatici alle infrastrutture critiche, la diffusione di disinformazione e propaganda per manipolare l’opinione pubblica. Le minacce derivanti da questa strategia sono molteplici e coinvolgono frequentemente sia attori statali sia non statali.

Il cyberattacco del 2022 ai satelliti Viasat, i sabotaggi ai gasdotti nel Mar Baltico e l’aumento delle minacce informatiche dimostrano l’urgenza di una risposta coordinata.

Per costruire un’efficace strategia di difesa europea, sottolinea il rapporto di PwC, “sono quattro le priorità chiave: allineamento politico e strategico – Evitare frammentazione e ritardi decisionali con un maggiore coordinamento tra gli Stati membri; procurement congiunto – Attualmente l’Europa utilizza 172 sistemi d’arma diversi, contro i 32 degli Stati Uniti. Standardizzare gli equipaggiamenti migliorerebbe l’interoperabilità e ridurrebbe i costi; armonizzazione degli standard militari – Uniformare dottrine e procedure per facilitare la cooperazione tra forze armate europee; collaborazione industriale – Rafforzare la base industriale della difesa per migliorare innovazione e competitività”.

A supporto di questa integrazione, strumenti come il Fondo Europeo per la Difesa (EDF), con un budget di 7,9 miliardi di euro per il periodo 2021-2027, e iniziative come PESCO e ASAP stanno già ponendo le basi per una cooperazione più efficace.

Il costo della “Non-Europa” nel settore della difesa, sottolinea Cesare Battaglia, Partner PwC Italia, Aerospace Defense & Security Leader, “è evidente: oggi, la frammentazione nei sistemi d’arma fa sì che l’Europa utilizzi 172 diversi modelli, contro i 32 degli Stati Uniti, con un aumento dei costi e una minore interoperabilità”.

La duplicazione degli investimenti costa all’UE, spiega Battaglia, “circa 75,5 miliardi di euro all’anno, risorse che potrebbero essere reindirizzate verso programmi più efficienti e strategici. Un’Europa della difesa più coesa potrebbe garantire una spesa più efficace, un’industria della difesa più competitiva e, soprattutto, una maggiore sicurezza per tutti i cittadini europei. Il tempo per agire è ora”.

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