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L’Africa, l’Europa e le guerre dimenticate | L’analisi di Ramiro Baldacci

Giustamente la nostra attenzione oggi è rivolta a quello che sta accadendo nel conflitto tra Russia e Ucraina. E’ un conflitto importante, nel cuore dell’Europa, quindi molto vicino a noi, che vede coinvolti i più importanti player dello scenario internazionale, dall’America, alla Russia, all’Europa, alla Cina e a tanti altri ancora. Non può non preoccuparci.

Questo vale per l’oggi. Ma se pensiamo a domani, al futuro, siamo sicuri che non ci sia altro di cui dobbiamo interessarci?

IL FUTURO DEMOGRAFICO DEL MONDO

Le proiezioni demografiche sono molto chiare. Da qui al 2100 un solo continente avrà la curva demografica in continua ascesa: l’Africa. Per gli altri continenti, le curve sono tutte in disces<, in maniera drammatica per l’Europa ma in maniera significativa anche per l’Asia, dove avrà particolare incidenza il calo demografico già iniziato in Cina.

In questo senso, le statistiche proposte da Save The Children sono molto precise… e molto significative. Entro il 2030, oltre il 40% della popolazione giovanile mondiale sarà africana ed entro il 2050 l’Africa rappresenterà più del 25% della popolazione globale, con un incremento fino a 2,1 miliardi e un’età media inferiore ai 25 anni. Dal punto di vista economico, l’Africa è il secondo continente, dopo l’Asia, con il più alto tasso di crescita,con proiezioni per il 2024 e il 2025 che superano quelle medie globali. 11 tra le 20 economie in più rapida crescita nel 2024 sono africane, con un aumento del PIL stimato tra il 3.8% e il 4.2%, rispettivamente nel 2024 e 2025.

L’Africa, dunque, è il continente che cresce di più e il più giovane. La sua crescita demografica significa che entro il 2035 ci saranno più giovani africani che entreranno nel mondo del lavoro ogni anno rispetto a tutti gli altri Paesi messi insieme. Non ci sono molti dubbi sul ruolo fondamentale che svolgerà il continente africano nello scenario futuro mondiale.

LE FERITE DELLA STORIA

E l’Africa è un continente ferito. E’ ferito da secoli di soprusi subiti dalle potenze straniere che hanno martoriato uno dei continenti più belli della terra nei modi peggiori possibili. Secoli di colonialismo, di schiavitù, di apartheid, di sfruttamento hanno tracciato ferite profonde nelle coscienze di milioni di africani. Basterebbe leggere il Rapporto sul Congo di Roger Casement per capire di cosa stiamo parlando.

La concezione che l’occidente ha dell’Africa è completamente sbagliata, intrisa di una presunta superiorità, di un assistenzialismo strumentale, di un pietismo inutile che non trova corrispondenza nella coscienza che oggi rivitalizza i comportamenti di milioni di giovani africani.

Oggi in Africa ci sono quasi 300 università che erogano corsi di ottima qualità. Ecco come il continente si prepara ad affacciarsi sulla scena mondiale.

Una cosa importante gli occidentali hanno portato in Africa, e sono state le vaccinazioni, che hanno ridotto in maniera significativa la mortalità infantile. E sommando questo fattore all’alta fertilità della popolazione africana ecco spiegata la crescita della curva demografica.

L’ANGOSCIA DELL’OGGI

E poi ci sono le risorse. Senza i giacimenti africani nel mondo non ci potrebbero essere i cellulari (per il coltan), le macchine elettriche (per il cobalto), il tungsteno, l’oro, i diamanti… lo sanno bene le grandi potenze mondiali, come l’America, l’Europa, la Cina e la Russia, che da anni si contendono quei territori con finanziamenti e armi. Sì, gli stessi protagonisti della guerra in Ucraina. A proposito, in Africa non esiste alcuna industria capace di fabbricare armi, arrivano tutte dai Paesi stranieri.

Parliamo della Repubblica Democratica del Congo. C’è una guerra in Congo che dura esattamente da 30 anni e che ha causato più di 10 milioni di morti, ossia quanti ne ha registrati la Prima Guerra Mondiale.

La guerra è concentrata tutta nella parte est della Repubblica, nella regione del Kivu, al confine con il Rwanda, dove ci sono i più ricchi giacimenti di coltan e di cobalto. E’ lì che nel 2021 è morto l’ambasciatore italiano Luca Attanasio.

Dopo il genocidio del Rwanda del 1994 i tutsi hanno preso il potere e gli hutu sono migrati in Congo, nella sua parte est, per paura di ritorsioni. Hanno creato le Forze democratiche per la Liberazione del Rwanda per liberare appunto la loro nazione dai tutsi. I tutsi allora hanno creato una forza contrapposta di ribelli, che si fa chiamare M23, e che svolge una guerra “preventiva” in Congo per evitare che queste truppe provino a riconquistare il Rwanda. Per questo motivo l’Economist ha paragonato questa zona al Donbass, dove la presenza di cittadini russofoni ha consentito a Putin di chiederne la riannessione alla Russia, come di fatto è successo.

Oggi questa regione ricchissima di materie prime è dominata dalla M23, che negli ultimi mesi hanno causato 4,6 milioni di sfollati. La M23 ha preso possesso dei giacimenti e li sfrutta per mandare le materie prime in Rwanda.

Ebbene, in questo scenario complesso, l’Unione Europea ha siglato di recente un accordo con il Rwanda per lo sviluppo delle catene del valore delle materie prime… che il Rwanda non ha, ma che prende dal Congo. Si parla di 20 milioni all’anno che vengono usati per finanziare il commercio delle materie prime attraverso il controllo dei giacimenti da parte delle truppe della M23.

E uguali e forti interessi ha la Cina in questi territori, anche se con un modello imprenditoriale diverso e più capillare. In questo scenario, anche i toni sempre più imperialistici usati da Usa e Russia consentono al Rwanda di sentire legittime le proprie aspirazioni espansionistiche che potrebbe cambiare fortemente lo scenario internazionale, con il silenzio-assenso di un’Onu impotente, di un America accondiscendente, di una Cina imprenditrice e di un’Europa opportunista.

Ci vorrebbe poco a terminare il conflitto, basterebbe trattare direttamente con il Presidente della Repubblica Democratica del Congo che di fatto possiede quelle risorse (ma che chiaramente costerebbero di più rispetto a un loro commercio “illegale”) e dare così i soldi al Congo da poter investire in un esercito in grado di sconfiggere la M23 (cosa al momento neanche lontamente ipotizzabile)… ma poi a chi si venderebbero le armi?

IL PIANO MATTEI

In questa stratificazione di interessi internazionali sovrapposti, forse un’interpretazione corretta può nascere proprio al Piano Mattei proposto dall’Italia. E’ ancora presto per capirne l’efficace reale, ma il presupposto da cui parte è corretto: un’iniziativa di rinnovamento strutturale dei rapporti con i paesi africani animata da un “metodo nuovo”, che mira a “promuovere lo sviluppo nei paesi africani” attraverso l’avvio di partnership politiche ed economiche basate su un approccio “non caritatevole” e su un coinvolgimento costante di attori italiani e africani.

Per poter funzionare, il Piano dovrebbe poi raccogliere il consenso necessario affinché la politica italiana sull’Africa risulti ampiamente condivisa e quindi sostenibile a lungo termine; rafforzare e implementare strumenti di valutazione d’impatto che siano coerenti con obiettivi strategici ben definiti; coinvolgere attori italiani e africani affidabili attraverso un processo efficiente e inclusivo, nonché ricercare e mantenere uno scambio franco e improntato al rispetto con i partner africani, sviluppando iniziative che siano realistiche, condivise e proficue per tutte le parti coinvolte.

Non si può occuparsi di Africa (o di Afriche, come sarebbe più corretto dire) senza partire da come gli africani vedono se stessi, si percepiscono, vivono la loro cultura.

La domanda però rimane. Siamo così sicuri che le ferite che ancora oggi stiamo infliggendo al continente africano non ci saranno restituite nel futuro di cui l’Africa sarà protagonista? Non è l’ora di ragionare in modo diverso? Di vedere l’Africa per le potenzialità che ha e non solo per lo sfruttamento economico che può rendere? Dal rispetto della persona, della cultura, della tradizione africana può nascere un futuro diverso… il futuro dell’Africa. Basterebbe volerlo per davvero.

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