“Un’immagine delle recenti elezioni tedesche è destinata a restarci negli occhi come un monito”, scrive sul Corriere della Sera Goffredo Buccini: “la mappa della Germania spaccata a metà tra Cdu e AfD, a Ovest una democrazia matura, a Est una riunificazione incompiuta. La forza icastica di quella frattura ha interpellato tutti noi europei nelle ore del vertice di Londra, con le minacce alla sicurezza comune in cima ai dossier diplomatici. Perché basta allargare l’inquadratura per verificare come anche sulla cartina del nostro continente le democrazie liberali e più agiate si trovino appunto tutte sul versante occidentale e quelle più problematiche e spesso al limite della democratura risiedano tutte su quello orientale di una specie di meridiano geopolitico. Come se Muro e cortina di ferro non fossero mai caduti davvero.”
È questo il tallone d’Achille della costruzione europea, assai esposta all’influenza di Mosca nelle sue componenti più fragili: una vasta fascia di territori che, un tempo satelliti del potere sovietico e poi entrati troppo in fretta nella Ue, ricadono adesso in pieno nelle mire di influenza neoimperialista di Vladimir Putin.
Il trumpismo enfatizza i fattori di rischio. Non si tratta soltanto di guardare all’assai citata Ungheria di Orban: un archetipo, con la sua democrazia illiberale, la sottomissione della magistratura e dei media, una strenua vicinanza alla Russia che s’è di nuovo concretizzata in minacce di veto contro le iniziative dell’Unione a favore di Kiev.
Si tratta della Slovacchia di Robert Fico, e adesso, soprattutto, della Romania: sede di due basi Nato, il Paese affacciato sulla polveriera russo-ucraina è sottoposto a tali scorribande di Mosca nei suoi processi elettorali da generare uno scontro incertissimo tra europeisti e sovranisti, sfociato per ora nell’incriminazione del candidato filorusso Georgescu per finanziamenti sospetti e, dall’altra parte, in moti di piazza sempre più accesi in suo appoggio (un appoggio condiviso da Musk e Vance in America).
Nell’elenco dei sovranisti ma non dei filorussi, per storica avversione a Mosca, figurerebbe anche la Polonia se le ultime elezioni non avessero riportato al potere il liberale Tusk a scapito dell’estrema destra.








