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Merz non risolleverà da solo la Germania, ha bisogno degli alleati | L’analisi di Francesca Sforza

“Il discorso su di che pasta deve essere fatto un cancelliere tedesco è da sempre un argomento di conversazione molto gettonato nella Bundesrepublik”.

Lo scrive Francesca Sforza sulla Stampa osservando che “nel caso di Friedrich Merz le perplessità riguardano più il carattere che il curriculum.

A differenza del suo mentore politico Wolfgang Schaeuble, ad esempio – che pur non trovandosi spesso in linea con la cancelliera è comunque sempre riuscito a restare a galla nei marosi della politica – Merz ha sempre preferito fare un passo indietro piuttosto che gettarsi nella mischia.

Il che può essere un segno di avvedutezza, o di scarsa tenacia, dipende dagli esiti.

Così come la sua decennale vicinanza con gli ambienti finanziari solleva oggi legittimi interrogativi: affronterà la crisi automobilistica come fosse un hedge fund o farà in modo che la finanza non alimenti le distanze dall’economia reale?

Sarà capace di moderare, giungere a compromessi, o viceversa strappare, imporre una rottura, cambiare le carte in tavola?

Ad appena ventiquattr’ore dalla vittoria – fragile, zoppa, ma pur sempre vittoria – dagli account social delle rappresentanze diplomatiche tedesche in Europa sono partiti una serie di video a sostegno dell’Ucraina, che scandiscono le fasi più cruente del conflitto con la frase «Io mi ricordo», pronunciata nelle diverse lingue dell’Unione.

Un messaggio piuttosto inequivocabile – aggiunge l’editorialista – che posiziona la Germania a fianco dell’Europa e a una certa distanza dall’America di Trump.

Se le aspettative americane oscillano tra curiosità e scetticismo – i giornali statunitensi insistono molto sulla passione di Merz per il volo e la vita all’aria aperta – quelle di Bruxelles sono decisamente alte: ci si aspetta un’accelerazione sulla difesa comune, sui programmi di controllo della migrazione, sul fronte della riforma fiscale.

E anche sulla transizione climatica: Merz ha già detto di voler ridimensionare gli obiettivi, ma per molte aziende tedesche la sostenibilità è già sinonimo di maggiore produttività, per cui siamo ben lontani dal «drill, baby drill» che sembra piacere tanto alla nuova America.

Piuttosto c’è già chi lo invita a rivedere la posizione tedesca sul nucleare, magari in accordo con la Francia.

Per fare tutto questo – conclude – avrà bisogno di alleati affidabili, e finché non sarà chiara la coalizione di maggioranza sarà difficile capire i margini di riuscita”.

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