Uno spettro si aggira per l’Europa: l’irrilevanza. Ormai – commenta sul Corriere della Sera Carlo Verdelli – è qualcosa di più di un’ombra.
Il secondo Trump ci ha messo meno di un mese a dargli corpo e consistenza: Ue fuori dai negoziati per una qualche forma di fine guerra in Ucraina, Ue fuori dalle stanze dove si deciderà il dopo Gaza.
La tristezza della tavola rotonda all’Eliseo con 11 leader di un’Unione mai così disunita dà la misura del disorientamento in atto.
Con brutale evidenza, il nostro primo e storico alleato è diventato improvvisamente, se non ostile, almeno indisposto a considerarci fratelli.
Il patto Washington-Mosca di fatto taglia fuori Bruxelles e fa strame proprio di quella Ue che ha sostenuto più di ogni altro la resistenza di Kiev (132 miliardi di euro, contro i 114 degli Usa).
Soprattutto cancella dal saldo le centinaia di migliaia di morti da entrambe le parti, i milioni di esuli ucraini, le centinaia di abbracci e pacche sulle spalle e solenni impegni che il presidente Zelensky ha collezionato da quando tutto è cominciato.
Ora è proprio lui, il leader con magliette e felpe da soldato in trincea, il bersaglio del nuovo corso imposto al mondo da chi si arroga il potere di determinarlo, senza perdere più tempo con diplomazie, diritti internazionali fino a ieri almeno a parole condivisi, faticosa ricerca di accordi con le troppo lente e deboli democrazie occidentali.
Corrosa all’interno dai sovranisti, scossa nelle fondamenta dall’accelerazione centrifuga imposta da un capo di Stato con pretese di diventare capo di Stati, appesantita dai molti errori che ne hanno segnato il cammino e dalle troppe riforme mai realizzate, l’Europa non è mai stata così vicina al rischio di smettere di essere un soggetto politico rilevante per diventare un insieme di nazioni, spesso in conflitto tra loro, come lo era prima del marzo 1957, Trattati di Roma, atto di nascita di qualcosa di diverso da un’entità geografica.
Il destino prossimo venturo dell’Ucraina, se deciso altrove e in spregio ai nostri principi fondativi, potrebbe diventare lo spartiacque tra l’essere il continente della manutenzione delle democrazie e il diventare una terra di conquista per chi ha evidenti mire di espansione, trasformando i partner in vassalli, come vorrebbe la stessa America o l’incombente Cina e persino la riabilitata Russia.








