L’Ucraina – commenta Paolo Mieli sul Corriere della Sera – si sta rivelando come il primo, plateale passo falso commesso da Donald Trump.
Non già (soltanto) per la promessa non mantenuta di risolvere la questione in quarantott’ore.
Il mondo intero è sempre stato consapevole del fatto che quelle parole, pronunciate nel corso della campagna elettorale, erano niente di più di una spacconata e che, per restituire la pace a Kiev, non saranno sufficienti né quarantott’ore, né quarantotto giorni.
È un passo falso per la sua immagine. Per il fatto che la sua mano tesa ai russi ha ottenuto da Mosca risposte di sprezzante irrisione.
Nella prima settimana della sua «seconda volta» alla Casa Bianca, ha scritto Dmitrij Medvedev, vicepresidente del Consiglio di sicurezza russo, Trump «ha cercato di confondere il mondo intero».
La Russia, però, secondo Medvedev, non si lascia ingannare.
Non si possono poi trascurare i toni usati dal consigliere di Putin, Dmitrij Suslov, nell’intervista concessa a Paolo Valentino per le pagine di questo giornale.
Dopo aver riconosciuto a Trump il «merito» di non essere intenzionato a perseguire la «sconfitta militare russa» e di aver accettato la ripresa di una «diplomazia diretta» – cioè, senza intermediari europei – Suslov ha messo in chiaro che l’Ucraina deve rimanere «militarmente debole», «genuinamente neutrale», una «zona cuscinetto» priva di «partnership, forniture d’armi», a cui non deve essere consentita la partecipazione a «manovre militari congiunte».
Quanto alle forze straniere di interposizione tra la parte d’Ucraina annessa militarmente dalla Russia e quel che resterà del Paese, non se ne parla nemmeno.
Saranno sufficienti «garanzie scritte». Come quelle del passato.
Zelensky non deve essere ammesso al negoziato. Putin si siederà a un tavolo per ratificare la capitolazione del governo di Kiev solo dopo che in Ucraina si saranno tenute nuove elezioni e ci sarà un «nuovo governo» con un «nuovo presidente».
Altrimenti?
Nel caso queste condizioni non siano accettate, «la guerra continuerà» fino al giorno in cui «la stessa esistenza dell’Ucraina sarà messa in discussione». Più chiaro di così?








