Secondo Augusto Minzolini, che ne parla sul Giornale, la sinistra, che si considerava depositaria del verbo europeo, si sta ritrovando sempre più spiazzata dal dibattito che si svolge a Bruxelles e a Strasburgo.
“L’uscita della presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, a favore del centro italiano per i migranti clandestini costruito in Albania non è argomento di poco conto; come pure l’impegno a studiare meccanismi giuridici in sede europea che facilitino i rimpatri.
Ed ancora, il confronto sulla crisi dell’automotive che rifiuta sempre più un’impostazione draconiana sia sulle multe alle aziende che non rispettano la scaletta dei tempi per il passaggio dal motore a scoppio all’elettrico, sia sulla data dell’abbandono finale del 2035, dimostra che i costi sociali dell’operazione stanno suggerendo un approccio più realistico e pragmatico di quello propugnato fino a ieri dalla sinistra e dai verdi.
Per non parlare dell’aumento delle spese militari: ormai con la guerra in Ucraina e con l’avvento di Trump negli Usa è sempre maggiore il numero dei Paesi europei che lo considerano, a cominciare dalla Svezia che è stata per secoli neutrale, quasi un obbligo.
Insomma, siamo al paradosso che una parte della destra europea, sempre tacciata di anti-europeismo, appaia più in sintonia con l’attuale sentimento prevalente a Bruxelles di una certa sinistra che si è sempre ammantata di retorica europeista.
Il baricentro del comune sentire del vecchio continente, assecondato dai popolari, si è spostato più sul centrodestra, lasciando ai margini la destra più estrema ma nel contempo mettendo in ambasce quella sinistra che persevera nello sposare posizioni ideologiche e radicali.
È un processo che – secondo Minzolini – finirà per pesare pure nel dibattito italiano”.








