La Casa Bianca ha introdotto norme per limitare il flusso di capitali Usa verso tecnologie cinesi considerate minacce alla sicurezza nazionale, come semiconduttori, calcolatori quantistici e AI; sono misure che vietano alcuni investimenti e in altri casi richiedono la preventiva autorizzazione del governo Usa.
Già ad agosto era stato adottato un ordine esecutivo presidenziale che vietava alcuni investimenti tecnologici in Cina.
Restano esclusi gli investimenti in titoli quotati in borsa e quelli per i quali il Dipartimento del Tesoro accerti che il Paese destinatario affronta adeguatamente i problemi che impensieriscono la sicurezza nazionale.
Il governo Usa nel presentare le misure ha dichiarato di attendersi la massima cooperazione degli alleati, tra cui l’Unione Europea.
Per parte sua l’Ue ha inasprito le misure di screening sugli investimenti in entrata e sta avviando una consultazione pubblica sulle politiche di screening in uscita, che potrebbe condurre a misure analoghe a quelle Usa.
Più in generale, oltre a una maggiore attenzione europea sugli investimenti greenfield il dato evidente è la progressiva attrazione alla Commissione di competenze nazionali.
L’insieme di queste novità pone almeno due problemi al nostro sistema legale.
Anzitutto, misure di questo tipo pongono un problema allo Stato di diritto e della sua relazione con le decisioni politiche.
In questa prospettiva è apprezzabile la decisione dell’Amministrazione Biden, che ha introdotto divieti e limitazioni con una decisione presidenziale assumendone la responsabilità politica e nel rispetto del sistema Usa di produzione del diritto.
Il sistema italiano del golden power, pur fondato sulla legge, prevede spazi di valutazione discrezionale di organi amministrativi così ampi che il fondamento del potere sulla legge finisce per riguardare solo la legittimazione dell’organo a esercitare queste competenze.
La distanza dallo Stato di diritto è notevole.
In ogni caso, sulla base della nostra Costituzione l’introduzione di misure che impediscano o limitino il diritto delle imprese di investire al di fuori dei confini italiani dovranno essere previste da una legge del Parlamento.
In secondo luogo, misure di questa natura tendenzialmente contraddicono i principi costitutivi dell’Unione, introducendo limitazioni alla circolazione di capitali e imprese.
Naturalmente limitazioni alla circolazione commerciale sono presenti da gran tempo nell’ordinamento dell’Ue e non solo con riguardo alle tecnologie.
Sia l’ordinamento europeo che quello italiano prevedono motivate limitazioni che hanno di mira vari profili di interesse generale (protezione dalla contraffazione di merci, salute individuale o collettiva eccetera).
Tuttavia, proprio perché si tratta di limitazioni tendenzialmente in contrasto con principi costitutivi dell’Unione, devono essere proporzionate e motivate.
L’imitazione delle misure adottate dall’Amministrazione Biden non è detto che sia motivata: la capacità del sistema finanziario italiano non è paragonabile a quella Usa, la grande parte degli investimenti che sono impediti da queste misure riguardano venture capital nei suoi investimenti in start-up cinesi ovvero delocalizzazione di colossi tecnologici, che poco hanno a che fare con il capitalismo italiano.








