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Le paure (eccessive) sui dazi | L’analisi di Francesco Giavazzi

“La lezione della precedente Amministrazione Trump è che sulle questioni che considera davvero importanti il nuovo presidente negozia in prima persona e con un’attitudine «commerciale», cioè con pochi pregiudizi ideologici e interessato solo ai vantaggi che gli Stati Uniti possono trarre dal risultato finale”.

Ne parla Francesco Giavazzi sul Corriere della Sera: “Questo approccio – scrive l’editorialista – sembra confermato dalla scelta dei nuovi ministri che finora sta premiando la fedeltà più che l’esperienza.

Sbaglierebbe quindi chi pensasse che i dazi siano il suo obiettivo, forse tranne che con la Cina.

La minaccia dei dazi è solo un costoso strumento negoziale da usare per indurre l’interlocutore a mettere sul tavolo una contro-proposta.

Affrontare una discussione sui dazi minacciando che ad una tariffa sul vino italiano risponderemmo con una tariffa sugli hamburger americani non è quindi una buona idea.

Bisogna essere più scaltri, capire che cosa davvero interessi al neo-eletto presidente in questo mandato.

E rendersi conto che la sua preoccupazione è legata alla macroeconomia, più che agli aspetti commerciali.

L’Unione europea – osserva Giavazzi – ha un eccesso di risparmio: investe al proprio interno 350 miliardi di euro in meno di quanto non risparmi.

Questi 350 miliardi di extra risparmio vengono investiti altrove nel mondo, in progetti certamente redditizi, ma che ci possiamo permettere, come spesso dice Trump, solo perché qualcun altro, e cioè l’America, paga per la nostra difesa.

Quando si aprirà un negoziato commerciale con la nuova amministrazione, l’Europa dovrebbe iniziare sgombrando il campo dal tema della difesa.

Dove trovare le risorse per aumentare i contributi alla Nato?

Come detto, l’Ue ha un surplus di risparmio pari al 3% circa del Pil.

Sono risparmi che le famiglie europee investono fuori dall’Europa: in piccolissima parte in aiuti ai Paesi poveri, in gran parte in investimenti privati in altre parti del mondo.

Si tratta – conclude – di cambiare le priorità. I Paesi che non raggiungono la soglia del 2%, ad esempio l’Italia, dovrebbero emettere più debito nazionale, in questo modo assorbendo un po’ dell’eccesso di risparmio, e usarlo per finanziare la Nato”.

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