La vittoria di Trump, ancor prima della sua entrata in carica, sta gettando lo scompiglio nel campo europeo.
Le indicazioni che giungono direttamente dal nuovo Presidente e dal suo entourage in merito al conflitto ucraino lasciano quanto meno sgomenti i Paesi europei finora con più o meno convinzione schierati per il fermo sostegno all’Ucraina.
In effetti, la possibilità di un congelamento del conflitto sulla base della situazione attuale sul terreno con la perdita per Kiev del 20% del suo territorio dopo una guerra sanguinosa con migliaia di morti, distruzioni e sofferenza per la popolazione civile e dopo aver a lungo agitato il mantra della vittoria, rappresenterebbe una sonora sconfitta per la compagine Ue e potrebbe aprire una grave crisi al suo interno sulle politiche da adottare nei prossimi mesi.
A ciò si aggiunga la difficile situazione politica che stanno attraversando Francia e Germania, dove uno spostamento a destra consacrato dalle urne potrebbe preludere ad un disimpegno nei confronti del governo Zelensky.
Di fronte poi alla minaccia di Trump di imporre alti dazi per ridurre il deficit commerciale con l’Europa, l’Unione appare disorientata e molti dei suoi membri sono fortemente tentati di muoversi in ordine sparso per cercare di limitare i danni in via bilaterale.
Contro le minacce che vengono da oltre oceano, compresa quella di addossare maggiormente gli oneri della difesa europea ai suoi membri, ha provato a reagire Macron sostenendo che non si può continuare ad essere erbivori in un mondo di carnivori.
Ma il suo intervento nel contesto attuale è suonato piuttosto come il ruggito del topo che cerca di impaurire il leone.








