Per la maggior parte delle banche è stato un momento di svolta.
Dopo anni di magra il margine d’interesse è tornato alle stelle e ha portato con sé una pioggia di utili.
Ma per alcuni istituti minori la stretta della Bce si è trasformata in un’arma a doppio taglio.
Minusvalenze latenti, esplosione degli npl e costo della raccolta più alto, scrive MF-Milano Finanza, è un mix letale che ha spinto Bankitalia a commissariare o affiancare in via temporanea – e preventiva – le realtà più in difficoltà.
“Da luglio del 2022, quando è iniziata la stretta monetaria, la curva dei tassi si è impennata e in pochi mesi l’Euribor è passato da -0,3% a +4%”, ricorda Dario Spoto, partner di Kpmg Corporate Finance e responsabile del settore banche e istituzioni finanziarie.
“Questo incremento repentino ha esposto gli attivi bancari a rendimento fisso a un fortissimo rischio tasso, con talvolta rilevanti effetti negativi di fair value sul fronte dei titoli di Stato e degli impieghi.
Così in alcune banche minori sono emerse alcune minusvalenze, anche latenti, che hanno eroso il patrimonio”.
Un po’ quel che è accaduto alla Banca di Credito Popolare di Torre del Greco (Napoli).
Dopo un’attenta verifica sui titoli strutturati in portafoglio la Vigilanza ha costretto l’istituto a effettuare riclassificazioni contabili e svalutazioni.
Secondo gli esperti consultati da MF-Milano Finanza, la banca aveva tentato di coprirsi dal rischio tassi con alcuni contratti swap stipulati con Jp Morgan e Santander.
L’operazione “si è rivelata particolarmente critica”, si legge nel bilancio 2023, chiuso con “un risultato netto negativo di 16,6 milioni (il doppio della perdita netta di 8,6 milioni del 2022, ndr)”.
Così Bankitalia ha dovuto inviare i commissari in affiancamento per cercare di rafforzare il patrimonio di Torre del Greco. Un mix di npl e costi alti.
L’anno scorso la Banca di Credito Popolare ha avuto a che fare anche con un deciso incremento dei crediti deteriorati (l’npl ratio lordo è salito al 9,08% dal 5,74% del 2022), fenomeno comune a molti piccoli istituti.
“L’aumento dei tassi ha indebolito la domanda di credito e rallentato la crescita degli impieghi. In questo contesto le banche maggiori hanno intercettato i clienti più affidabili con offerte molto competitive, anche grazie a strumenti di mitigazione del rischio tasso già in essere e a un asset and liability management molto efficiente.
Mentre alcuni istituti minori si sono rivolti anche a clientela meno meritevole, con conseguente aumento del rischio di credito”, spiega Spoto.
“A questa circostanza si è aggiunto l’incremento del costo della raccolta, cresciuto con rapidità soprattutto per le banche di piccole dimensioni, che spesso si servono di piattaforme internazionali online, più esposte alle variazioni della curva dei tassi”.
Il salvataggio siciliano. È il caso della Banca Popolare Sant’Angelo, che ha subito entrambi i fenomeni.
Secondo gli analisti consultati, l’istituto salvato dalla Banca Agricola Popolare di Ragusa ha dovuto affrontare tensioni di liquidità, collegate al deterioramento degli impieghi, che l’hanno spinto a rivolgersi ai più costosi canali online (nel 2023 gli interessi passivi sono balzati a 17 milioni dai 3,8 milioni di euro del 2022).
A tutto ciò si sono aggiunte le difficoltà nella «generazione di utili” riscontrate da Bankitalia, che allora ha chiesto alla Sant’Angelo di svalutare i crediti fiscali degli anni precedenti.
La banca di Licata (Agrigento) avrebbe potuto compensarli con le tasse solo se fosse stata in grado di generare profitti, fatto non più assodato per la Vigilanza.
E alla fine l’esercizio 2023 si è chiuso con un rosso di 23,5 milioni rispetto alla perdita di 835 mila euro del 2022.I costi del leasing.
Anche Banca Privata Leasing ha pagato i costi alti della raccolta (nel 2023 gli interessi passivi sono triplicati a 18 milioni) e la crescita dei crediti deteriorati (l’npl ratio lordo è salito al 6,9% dal 4,2% del 2022).
Un mix che ha portato Bankitalia a inviare due commissari in affiancamento temporaneo e preventivo.
Secondo gli esperti consultati il core business dell’istituto emiliano, il leasing, porta spesso a operare con le pmi, società caratterizzate da un più alto rischio di credito.
È vero che la maggior parte delle sofferenze è assistita da garanzie reali, ma non va dimenticato che gli immobili hanno dei costi di gestione.
E se il debitore si rivela insolvente, allora deve sopportarli la banca che prende possesso del bene.
L’unica commissariata. Per osservare ancora meglio l’esplosione dei costi, in questo caso di raccolta, bisogna guardare a Smart Bank, unico istituto ad oggi in amministrazione straordinaria.
La ex Banca del Sud offriva l’8% su depositi a cinque/sette anni, sempre su canali internazionali.
L’operazione per gli esperti si è rivelata insostenibile, dato che era impossibile trovare strumenti con un rendimento più alto in cui reinvestire i depositi.
Anche in questo caso, dunque, il tema è la corretta gestione del mutato contesto dei tassi.
Una difficoltà che in molte banche minori ha provocato un cortocircuito di redditività, quindi perdite e minor patrimonio.
E negli istituti che non hanno realizzato azioni per gestire il rischio tassi, la sequenza ha portato a interventi di messa in sicurezza.
Acqua passata, sembrerebbe, perché ora la Bce ha tagliato due volte i tassi e proseguirà in futuro.
L’allentamento monetario, però, potrebbe portare con sé un pericolo opposto.
Nei mesi passati molte banche si sono coperte dal rischio tassi fissi aumentando le erogazioni a rendimento variabile.
Questa tipologia di attivi entrerà in sofferenza con le sforbiciate di Francoforte e provocherà una repentina riduzione dei margini.
Ancora una volta un cortocircuito legato ai tassi e che potrebbe costare molto caro.
Perché nel 2026, secondo gli analisti, il margine di interesse potrebbe essere di 10 miliardi minore del 2023, circostanza che si verificherà se a metà 2025 la curva Euribor sarà di circa 150 punti base più bassa rispetto a un anno fa.








