L’ Unione si risveglia?
È un leone dormiente vecchio, ma ancora con una certa forza, o un plantigrado destinato a un irreversibile declino?
Sia pure con un ritardo variamente motivato – osserva sul Messaggero Angelo De Mattia –, il Report di Mario Draghi sulla competitività dell’Unione è approdato, in una seduta ristretta e non pubblica, nell’Eurocamera e se ne è avviata la discussione.
Occorrono maggiori investimenti pubblici nella ricerca e nell’innovazione, nelle infrastrutture e nei diversi comparti della transizione.
Le conseguenze concrete che ne dobbiamo trarre sono diverse e importanti: vanno dalle unificazioni normative al superamento di una visione dell’Antitrust europeo fondata sulla competizione tra gli Stati membri anche a costo di affondare tutti insieme per la concorrenza di altri Paesi.
Del resto, nei rapporti con gli Usa, la competitività dell’Unione segnala lo stesso effetto bradisismo che Antonio Fazio ha, a suo tempo, rappresentato per l’economia italiana rispetto a quella dei principali partner europei.
Naturalmente, la concorrenza ha come pendant le forme di corretta cooperazione, e quasi mai il ricorso ai dazi che indica il fallimento del cooperare e del competere e di una situazione di marcato squilibrio negli strumenti e nelle possibilità.
Nella transizione ecologica, in quella digitale, negli impieghi dell’Intelligenza artificiale generativa, la competizione chiama in causa, prima di tutto, l’intera Europa che, dunque, deve adeguatamente attrezzarsi e in ciò la spina dorsale è rappresentata dalle banche e dalla finanza con il finora incompiuto progetto di Unione bancaria e il neppure intrapreso progetto del mercato unico dei capitali.
Bisogna aggiungere che anche l’assetto istituzionale della Bce merita una riflessione.
Le proposte di Draghi si saldano con quelle del Report Letta sul mercato unico e sul ventottesimo Stato virtuale quale insieme di ordinamenti giuridici, societari, fiscali ai quali assoggettarsi per libera scelta: un’idea interessante, ma non facile da attuare.








