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L’analisi della Fabi: le Banche ora hanno in pancia meno del 22% del debito pubblico

Si son fatte “più prudenti” le banche italiane, che hanno ridotto la loro esposizione complessiva al debito pubblico italiano. Un fattore che potrebbe proteggerle dalla tensioni sui mercati di questo periodo, secondo un’analisi diffusa dalla Fabi. A gennaio di oltre quattro anni fa, poche settimane prima dell’inizio della pandemia da Covid, gli istituti di credito del Paese detenevano Bot e Btp per circa 628 miliardi di euro pari al 25,7% del totale, oggi l’ammontare è di fatto simile, circa 632 miliardi, con la quota, tuttavia, che è calata a poco meno del 22%.

Considerate le tensioni sui mercati dopo le elezioni europee e in Francia, secondo la Fabi “la minore esposizione delle banche rispetto al debito pubblico ‘tricolore’ è una condizione che potrebbe comunque metterle al riparo, nelle prossime settimane, da tensioni sui mercati finanziari e in particolare dalle conseguenze legate all’andamento dello spread tra Btp italiani e Bund tedeschi”.

Nell’arco di questi quattro anni e tre mesi, rileva la Fabi, “l’atteggiamento delle banche rispetto all’acquisto di titoli di Stato del Belpaese è mutato e orientato a una maggiore prudenza, anche se il settore bancario resta una garanzia per gli acquisti delle obbligazioni emesse dal Tesoro: il record si è toccato ad aprile 2020, in pieno lockdown, quando le banche hanno raggiunto, allora con 687 miliardi, quasi il 28% del totale. La vetta più alta, in termini assoluti, è stata toccata a giugno 2022 quando nel portafoglio delle banche c’erano più di 712 miliardi di Bot e Btp”.

Dall’analisi dei dati, sostiene la Fabi, “emerge chiaramente che l’esposizione delle banche italiane al debito pubblico è calata significativamente negli ultimi mesi. A marzo 2024, la percentuale del debito pubblico detenuta dalle banche italiane è scesa al 21,9%, rispetto al 27,8% di aprile 2020. Questo decremento può essere indicativo di una strategia di riduzione del rischio da parte delle banche, probabilmente in risposta a vari fattori economici, finanziari e politici. Un atteggiamento più prudente che, in ogni caso, non sembra in grado di avere implicazioni rilevanti per la gestione del debito pubblico italiano né effetti sulla stabilità del sistema bancario nazionale”.

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