Divergenza.
Una parola che suona strana alle orecchie degli operatori del mercato, dopo due anni in cui quasi tutto, nei mercati occidentali, si è mosso nella stessa direzione: l’inflazione in primis, ma anche e soprattutto le mosse delle banche centrali.
Alla luce delle ultime notizie però le cose sembrerebbero sul punto di cambiare.
Da una parte c’è l’inflazione americana che a marzo si è rivelata più persistente del previsto, arrivando al 3,5% (contro il 2,4%, in discesa, dell’Eurozona).
Dall’altra, le indicazioni della Bce, che nel corso della riunione di giovedì 11 aprile, pur lasciando invariati i tassi, ha indicato in modo esplicito che la prima sforbiciata al costo del denaro è vicina.
La numero uno di Francoforte, Christine Lagarde, ha tenuto peraltro a precisare che «la Bce non è dipendente dalla Fed” nelle sue politiche.
Il dato sull’inflazione americana ha fatto subito schizzare i rendimenti obbligazionari, con gli investitori che sono corsi a vendere non appena hanno percepito che la Fed potrebbe essere più cauta del previsto nel tagliare i tassi.
In una sola seduta, quella di mercoledì 10 aprile, il rendimento del Treasury decennale è salito di quasi 20 punti base, dal 4,36% al 4,55%, per poi sfiorare il 4,6% nella seduta successiva, tornando così ai livelli dello scorso novembre.
I rendimenti europei si sono allineati alla dinamica: il Btp decennale è salito in due giorni dal 3,71% al 3,85%.
Ma poi, post Bce, il rendimento del titolo di Stato italiano è rientrato subito, nei dintorni del 3,76%.
Mentre quello americano resta fisiologicamente elevato, sopra il 4,5%.
Per gli analisti questa dinamica di divergenza tra le obbligazioni potrebbe anche continuare se, come appare sempre più probabile, la Bce si muoverà sui tagli prima della controparte americana.
La curva americana è peraltro pienamente invertita, con il Treasury a un anno che rende più del 5,1%, il biennale al 4,9% e il decennale al 4,5%.
Anche se i trader obbligazionari si stanno preparando ad assistere a un’ulteriore impennata del bond a 10 anni, che potrebbe arrivare fino al 5%.
In questo contesto, come va rimodulato il portafoglio obbligazionario?
Milano Finanza ha chiesto il parere di quattro gestori, che concordano tutti su un punto: in una fase come quella attuale è interessante puntare sul credito societario di alta qualità, con rating investment grade (cioè società finanziare considerate a basso rischio default dalle agenzie di rating).
La qualità comanda.
I bond corporate, quindi, battono i titoli di Stato.
Ma per gli analisti anche il microcosmo delle obbligazioni societarie è variegato: insomma, bisogna individuare gli emittenti giusti.








