Nei giorni scorsi Barclays ha raggiunto un accordo da 1,1 miliardi di dollari con Blackstone per liberarsi dei rischi sulle carte di credito emesse negli Usa. La decisione dell’istituto inglese non rappresenta una novità, ma si inserisce in una tendenza che si va consolidando sul mercato europeo e che potrebbe prendere quota anche in Italia. La prospettiva di un rallentamento dell’economia e, soprattutto, l’entrata in vigore delle nuove regole di Basilea 3 rischiano di zavorrare gli istituti che presto dovranno affrontare anche la discesa dei tassi.
Ecco perché, scrive MF-Milano Finanza, i banchieri sono alla ricerca di strumenti per assicurare i rischi e ridurre gli assorbimenti di capitale, evitando contraccolpi analoghi a quelli delle ultime crisi. L’arma principale sul tavolo sono le cartolarizzazioni, sia quelle tradizionali che prevedono la cessione del credito, sia quelle sintetiche che trasferiscono a terzi il rischio dell’esposizione. Un recente report della Bce segnala che già nel 2022 c’è stata una prima impennata di operazioni a livello continentale: più di 118 cartolarizzazioni tra i soggetti vigilati per un nominale complessivo di oltre 170 miliardi, un valore molto più elevato rispetto agli anni precedenti.
Basti pensare che nel 2021 (altro anno di forte crescita) l’importo complessivo si attestava sotto 110 miliardi, mentre nel 2020 era stato di appena 80 miliardi. A dominare sono i deal sintetici che nel 2022 rappresentavano oltre l’85% del nozionale complessivo. Secondo Bce, la maggior parte delle operazioni (110 su 118) ha riguardato crediti in bonis per un nominale di 163 miliardi. «Le banche preferiscono le cartolarizzazioni sintetiche per ottenere agevolazioni patrimoniali, perché tendono ad essere più economiche e più facili da eseguire data la loro natura bilaterale», spiega il report di Francoforte, dove oggi le attività di vigilanza sul settore bancario sono coordinate da Claudia Buch.
Anche l’agenzia di rating Standard & Poor’s ha dedicato un recente approfondimento al tema. Anche se il beneficio in termini di capitale resta la motivazione chiave per cartolarizzare una parte del portafoglio crediti, le banche utilizzano sempre di più questo strumento «in un’ottica strategica di risk management per gestire attivamente i portafogli di prestiti, affrontare concentrazioni settoriali e single-name e agevolare ulteriori prestiti», spiega l’agenzia di rating evidenziando come i volumi siano aumentati nel corso degli ultimi anni, con in prima fila le banche europee seguite da quelle canadesi e statunitensi. La parte del leone tra i cedenti è svolta dalle realtà più grandi: nell’Eurozona solo quattro istituti rappresentano il 60% del nozionale cartolarizzato.








