La Camera ha approvato il 6 febbraio (con modifiche) il cosiddetto ddl Capitali già passato al vaglio del Senato nell’ottobre 2023, una normativa che contiene interventi a sostegno della competitività dei mercati dei capitali con delega al governo per la riforma organica delle disposizioni in materia.
Tale testo si compone di 27 articoli che trattano molteplici temi, uno tra questi (nello specifico, l’articolo 21) norma l’insegnamento dell’educazione economica e finanziaria nelle scuole (di ogni ordine a partire dalla primaria), da apprendere come un argomento trasversale di educazione civica.
Insieme ad altri disegni di legge (nn.155, 158, 288), l’articolo specifico è rappresentativo dell’accresciuta esigenza che da tempo il Paese avverte, ovvero fornire una risposta concreta al basso livello di alfabetizzazione finanziaria.
Nonostante alcuni miglioramenti, numerose indagini svolte negli ultimi anni hanno dimostrato e confermato che le competenze finanziarie ed economiche degli italiani continuano ad essere basse in confronto ad altri Paesi europei.
Ciò ha messo in luce la necessità di un intervento sistemico che, partendo dal basso, sia in grado di trasmettere le basi di una cultura finanziaria ai più giovani.
Il testo torna ora al Senato per l’approvazione definitiva (salve ulteriori modifiche), quindi entrerà in vigore dopo la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.
Nella normativa non c’è un chiaro riferimento ad una data che rappresenti l’avvio dell’insegnamento della materia a livello scolastico.
Purtroppo, anche attraverso confronti informali avuti con diversi rappresentanti politici, non è emersa alcuna indicazione.
I nodi da sciogliere pare siano diversi: l’auspicio è quello che non si debba attendere ancora molto per vedere colmata una lacuna formativa così importante e impattante per la vita economico-sociale di ciascun cittadino.
Tra gli altri, non dobbiamo dimenticare che un aspetto da dirimere è il rapporto tra la materia di studio e la struttura scolastica.
La materia dell’educazione finanziaria sarà inserita nelle scuole, come argomento di educazione civica.
L’attenzione nei confronti di questo punto deve essere alta, in quanto una scelta di questo genere implica che chi si occuperà di insegnare l’economia e la finanza non sarà necessariamente un esperto in materia, ma saranno insegnanti di altre discipline (italiano, matematica, storia, etc.) in un’ottica di multidisciplinarietà: in molti casi tali insegnanti potrebbero non avere le competenze necessarie a trasmettere teoricamente e praticamente i contenuti richiesti.
Chi si dovrà occupare della formazione degli insegnanti?
Inoltre, il decreto prevede che ogni istituto scolastico, nell’ambito della propria autonomia, potrà decidere le modalità di applicazione dei percorsi di educazione finanziaria in classe.
Questa scelta potrebbe non aiutare ad avere una applicazione uniforme delle Linee guida (che il ministero dell’istruzione sta preparando).
Questi sono aspetti da non sottovalutare e potrebbero rappresentare elementi di criticità rispetto alla possibilità di raggiungere gli obiettivi, sicuramente condivisibili, della nuova normativa.
A parer mio, quindi, inserire l’educazione finanziaria, come previsto dal ddl Capitali, nell’ambito dell’insegnamento dell’educazione civica potrebbe risultare non particolarmente efficace.
L’insegnamento dell’educazione finanziaria necessita di una formazione specifica in grado di coniugare aspetti teorici con risvolti pratici al fine di attivare un processo di apprendimento che possa davvero far comprendere l’importanza nella vita personale e professionale della cultura finanziaria.
Essere competente non significa soltanto sapere qualcosa o avere delle nozioni su un certo argomento, ma anche saper mettere in pratica la propria conoscenza in un dato contesto e in una data situazione.








