Nulla di nuovo domani a Francoforte?
Tutti gli osservatori guardano soprattutto alla conferenza stampa successiva alla riunione del consiglio direttivo della Bce perché prevedono che non sarà presa alcuna decisione sui tassi di riferimento, con ciò confermando quelli vigenti.
Tuttavia la riunione e il successivo incontro con la stampa saranno importanti per cercare di mettere ordine dopo la mole di dichiarazioni rilasciate dalla presidente Christine Lagarde e da diversi altri banchieri centrali soprattutto a ridosso del periodo di massimo riserbo (7 giorni prima della seduta del consiglio).
La Lagarde, in particolare a Davos, si è esibita in dichiarazioni che hanno anche giocato con le parole o con l’ovvietà, del tipo «siamo nella normalizzazione (della politica monetaria) ma non nella normalità» oppure «non possiamo ridurre i tassi troppo rapidamente perché, se poi saremo costretti ad aumentarli, avremo fatto un lavoro inutile”.
Mentre ripeteva ancora una volta, l’ennesima, che la Bce deciderà in base ai dati, avendo dismesso il ricorso alla forward guidance, nello stesso tempo escludeva che prima dell’estate si potesse pensare a un taglio del costo del denaro (e i dati?).
Certo, il contesto esterno, con i possibili impatti della situazione geopolitica, non è dei più favorevoli alla riduzione in questione.
Tuttavia l’inflazione cala e il pil stenta a crescere mentre sotto gli occhi, in casa a Francoforte, i vertici dell’Istituto possono osservare la Germania in recessione, anche se ciò non smuove (ancora?) gli esponenti tedeschi del direttivo e non li spinge ad attenuare significativamente la tradizionale impostazione rigoristica.
Non sembra, questo, un bel periodo per la presidente, tra comunicazione esterna spesso confusa e, a volte, contraddittoria e dispiaceri interni come segnala il sondaggio sindacale, pur con tutti i suoi sicuri limiti anche numerici, condotto tra i dipendenti con il risultato che, come ieri è stato scritto su queste colonne, il 53% di coloro che hanno risposto ritiene la sua presidenza scadente o molto scadente.
Insomma, Lagarde per il sondaggio non sarebbe la persona giusta per la funzione.
Si ripete: a un esito della specie concorrono spesso diversi fattori impropri, deducibili anche dalle relazioni sindacali.
Tuttavia resta pur sempre un indicatore da valutare con grande attenzione.
Da tutto ciò scaturisce ancora una volta l’irrisolto problema della comunicazione istituzionale.
Quanto meno a esso andrebbe destinata una specifica riunione del direttivo, ma già domani bisognerebbe dare qualche segnale di novità perché si possano almeno prevenire i danni che una comunicazione che oggettivamente si presta, perché non adeguatamente preparata, a generare confusione e contro-effetti, può continuare a causare.
Come altre volte abbiamo sottolineato su queste colonne, il vincolo della single voice che fu assunto nei primi anni della Bce oggi è scomparso.
Certamente non si può ledere la libertà di pensiero degli esponenti dell’Istituto; ma non è illegittimo ritenere che, date la delicatezza e complessità della materia, vi sia un bilanciamento tra la libera espressione e gli indirizzi che unitariamente sono stati deliberati negli organi deputati.
In ogni caso la comunicazione dovrebbe essere al primo punto di un ordine del giorno delle materie da rivedere ab imis.
Poi naturalmente vi è la sostanza delle decisioni da assumere.
Procrastinare nella confusione il momento dell’allentamento delle restrizioni monetarie (in un primo tempo intravisto a marzo, poi prospettato nell’estate prossima, come accennato), non può essere affatto motivato come finora è stato fatto nelle discordanti dichiarazioni.
La chiarezza delle decisioni, la fondatezza delle motivazioni sono cruciali per la chiarezza della comunicazione e l’adeguatezza della rappresentazione delle motivazioni.
Ciò che caoticamente è avvenuto, da ultimo a partire dallo scorso dicembre, nel comunicare è una lezione che dovrebbe essere oggetto di riflessione per poi assumere misure drastiche.
Speriamo che ciò finalmente accada.








