Unimpresa vuole creare spazi a disposizione di grandi maestri e infrastrutture dove i giovani possano avvicinarsi, anche solo per passione, a scuole situate in centri di interesse che consentono di apprezzare la bellezza o all’interno di musei. Perché l’Italia è il luogo dove sono nati i migliori designer di fama internazionale e l’obiettivo di questo progetto è garantire il ricambio generazionale tra i grandi stilisti e i giovani designer che si affacciano al mondo della moda. Quattro le città individuate da Unimpresa: Roma (dove hanno sede, tra altri, le sorelle Fontana, Fendi, Valentino), Milano (Armani, Prada), Firenze (Pucci, Ferré) e Napoli (per la tradizione della sartoria maschile).
«La moda è un veicolo di comunicazione e arte. L’Italia è il luogo dove sono nati i maggiori designers di fama internazionale. Nella nostra idea puntiamo a luoghi dove si vive bene e che siano paesaggisticamente stimolanti. Molte aziende straniere, oggi, ottengono importanti fondi e finanziamenti da grandi gruppi stranieri, anche attraverso acquisizioni, sradicando questo patrimonio culturale, che invece va protetto e sfruttato», spiega il consigliere nazionale di Unimpresa, con delega di ambasciatrice della moda nel Mondo, Margherita de Cles.
«Se ci fosse una scuola di formazione, ad esempio all’interno del Museo di Pompei, con una scuola, dove i ragazzi possano formarsi per passione, sarebbe facile poter avere più giovani che si avvicinano a questo mondo. La passione va premiata con delle facilitazioni e agevolazioni, con progetti lungimiranti. La nostra forza e la nostra qualità» continua «ci consentirebbero di controllare la moda nel Mondo. Invece, siamo diventati un terreno predatorio perché le nostre aziende sono arrivate a fine vita, perché i fondatori, ormai verso la fine della carriera, vedono ridurre il loro estro e la loro capacità creativa, che non sono riusciti a tramandare alle nuove generazioni».
«I musei della Moda, insomma, avrebbero proprio questa funzione di ricambio generazionale. Gli investimenti devono essere fatti innanzitutto sulla forza lavoro e sulle persone, ma anche sulla qualità dei materiali, sui tessuti certificati e soprattutto. La nostra deve diventare parte integrante della cultura, al pari di quello che accade nel cinema. Finora si è puntato quasi tutto sulle sfilate, ma questo tipo di eventi rappresenta una formidabile occasione di business solo per chi li organizza e, invece, non garantisce quasi nulla ai designer e agli stilisti», conclude de Cles.