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Tre indizi per capire quando nel processo mediatico scatta l’ora del cialtrone | L’analisi di Claudio Cerasa

“Arriva sempre un momento, durante un’inchiesta che ha grande rilievo sui media, in cui le accuse non sono più sufficienti a sfamare la pancia dell’opinione pubblica”. Lo scrive Claudio Cerasa sul Foglio osservando che “nell’inchiesta sulla corruzione in Liguria, è arrivata quella fase durante la quale le inchieste giudiziarie vengono affiancate sui giornali da allusioni gratuite, da aggettivi fuori luogo e da una serie di parole ricorrenti –tre in particolare –il cui utilizzo segnala con una certa precisione un passaggio ricorrente durante la fase di un’inchiesta: l’ora del cialtrone.

Il primo indizio per capire se la fase appena citata sia presente o no all’interno del dibattito pubblico è quando improvvisamente le pagine delle cronache giudiziarie si riempiono di intercettazioni penalmente irrilevanti. Accanto alla diffusione capillare di intercettazioni irrilevanti – scrive Cerasa – vi è poi un altro passaggio importante che permette di mettere a fuoco la presenza di una fase pericolosa all’interno di un’inchiesta ed è quella in cui i giornali utilizzano l’espressione ‘spunta’. Nell’inchiesta, spunta. E ciò che spunta, che quasi mai ha a che fare con le indagini, aiuta sempre a portare acqua al mulino della tesi dell’accusa e aiuta sempre a conquistare la fiducia di un organo importante all’interno di un processo mediatico: il tribunale del popolo.

Ma c’è qualcosa che non va anche quando un magistrato sceglie di utilizzare in un’ordinanza espressioni da scrittore (significa che le prove non parlano da sé e che per farle parlare è necessario giocare con le parole).

L’utilizzo di espressioni che esprimono una condanna fino a prova contraria dei protagonisti, miscelate con intercettazioni penalmente irrilevanti, unite a loro volta a demonizzazioni dei contesti descritti attraverso la trasformazione, per esempio, del lusso in veicolo inevitabile di malaffare aiuta a rafforzare un meccanismo cruciale all’interno del processo mediatico: permette all’accusa di poter conquistare un ottimo spazio mediatico, sottrae alla difesa occasioni per mostrare le eventuali debolezze dell’accusa e crea un habitat naturale per far sì che i giudizi etici e morali possano saldarsi con le ipotesi di reato, creando un mondo osceno all’interno del quale chi è accusato deve dimostrare la sua innocenza, non il contrario, e all’interno del quale – conclude – la dittatura dello spunta, dinanzi al tribunale del popolo, conta più del rispetto dello stato di diritto. Avanti il prossimo”.

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