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Tra scienza e fede al tempo dell’AI: il coraggio di un nuovo pensiero | L’intervento del vaticanista Carlo Di Cicco

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«Al tempo dell’urgenza ecologica cui si è giunti con dissennata insipienza dove ciascuno ha avuto la sua parte – piccola o grande che sia – diventata ormai il contenitore dell’orizzonte della vita, se capita di leggere libri di cognizioni e approfondimenti sulla Intelligenza Artificiale (AI) e allo stesso tempo di scoprire e considerare con attenzione un aggiornato pensiero sulle Lettere di Paolo tradotte e commentate da acute teologhe bibliste, si aprono scenari del tutto nuovo per riflettere sui progressi attuali nella comprensione del fenomeno umano nel mezzo di due rivoluzioni epocali: la tecnologia che vuole farsi intelligenza; la donna che rivendica l’applicazione conseguente sul piano legislativo e civile della teorica pari dignità con l’uomo.

Con rinnovata attitudine mentale di una umanità bipolare, ci si potrebbe imbattere nella scoperta che nel tempo dell’intelligenza artificiale (AI) proprio l’opera e l’insegnamento di Gesù di Nazaret non manipolato in funzione ideologica, si riveli un lievito liberatorio utile per mantenere senso e primato all’umanità rispetto alle macchine sia pure intelligenti.

In particolare, sorprende leggere in parallelo testi nei quali filosofi della scienza, sociologi, informatici e teologi dibattono sugli sviluppi tecnici dell’AI e sul suo rapporto con l’etica personale e sociale dell’uomo. Proprio l’etica pare infatti l’ultimo territorio che potrebbe restare nella piena e completa disponibilità umana. Tale è, ad esempio, l’impressione che se ne ricava dai dialoghi accurati tra Henry Kissinger, Eric Schmidt, Daniel Huttenlocher (un politico, un ex amministratore delegato di Google, un informatico docente universitario) o dalle opere di Luciano Floridi, Shoshana Zubbef e altri pensatori, scrittori, divulgatori. E anche dall’esegesi innovativa e liberante da vetusti stereotipi proposta da donne bibliste in particolare su due – agli Efesini e ai Colossesi – delle 13 Lettere oggi considerate dell’apostolo Paolo.

Mentre l’AI cerca di sbobinare i confini attuali della scienza in rapporto a nuovi scenari politici o economici, la rilettura di Paolo apostolo a parere delle bibliste lo libera dall’accusa di misoginia e sollecita a ripensare alcune parole al bivio del nostro tempo. “Che cosa possono essere ancora la fede, la grazia, la salvezza, la giustificazione in Occidente?” si chiedono le autrici del Commento. O cosa può trasmettere Paolo a quei cristiani che oggi dicono: “Difendiamo la nostra identità religiosa escludendo i diversi, gli stranieri, i poveri” o che guardano con timore e avversione alla domanda di pari dignità delle donne?”.

In qualche modo nell’ambito della proposta cristiana oggi si incrocia papa Francesco. La sua proposta di fede più evangelica e solidale con l’avventura dei poveri, scuote sia i cattolici che i non credenti. Viene visto come un pericolo o una possibilità per la fede e, nell’ambito sociopolitico, la sua critica radicale del sistema neoliberista ha prodotto nei suoi confronti un rispetto di facciata e un ostracismo sostanziale dal regno dell’economia. Francesco scuote il capitalismo chiamato a scegliere tra un cambio profondo e una riforma di maniera, alla Gattopardo. Si cambia il pelo ma non il vizio. Si dice di cambiare per mantenere vecchi equilibri di potere.

Non solo i conflitti armati, ma le faticose vicende politiche per umanizzare il lavoro prima del profitto lo confermano. Il pensiero che s’interroga sull’AI e volumi come quello sulle Lettere paoline, liberi da stereotipi per giustificare l’esistente, cercano risposte alla parte misteriosa dell’esistenza umana. Che inquieta e affascina parimenti credenti e non credenti. Viene da chiedersi come mai per secoli è sopravvissuto un conflitto di fatto, talvolta mortale, tra fede e ragione, scienza e fede. Ogni volta che nuove scoperte concorrono a modificare gli assetti sociali e la comprensione del mondo, si ripropone puntualmente un duello che sembra prevalere sulla convergenza, ciascuno mel proprio ambito, per comprendere l’uomo e l’universo. Anziché una interminabile querela sull’eventualità di un Essere supremo che non compromette la ricerca scientifica, un’alleanza tra scienza e fede potrebbe facilitare la ricerca.

Per la fede cristiana Gesù – come scriveva e ricordava papa Ratzinger – è il volto umano di Dio. Questo intreccio tra l’umano e la natura, l’umano e la divinità, l’umano con l’habitat e l’ascolto della coscienza, è una immensità a perdita d’occhio, sconfinata di cui finora l’uomo conosce solo una parte minima. Ora che la storia meravigliosa del progresso scientifico con l’annuncio dell’arrivo dell’AI sta alle soglie di qualcosa davvero nuovo e incredibile, le domande e le inquietudini della comunità scientifica e anche della gente comune lievitano come non mai prima. Che ne sarà dell’uomo e della sua identità finora conosciuta e consolidata?

E la fede – si chiedono i credenti – avrà ancora un suo senso o sarà spazzata via dall’AI come e di più di quanto si sia temuto da prima e dopo il caso Galilei, l’evoluzione di Darwin, la relatività di Einstein, la bomba atomica di Oppenheimer, l’informatica presuntuosa della Silicon Valley? “La scienza non crea, ma scopre – riflette la biblista Emanuela Buccioni nel suo commentario alla Lettera agli Efesini -. E la scoperta è un po’ come la rivelazione. C’è una realtà che è già presente, ma chiede una piena intelligenza per essere “vista” e conosciuta”. L’avventura scientifica che ha portato alla Bomba atomica, attualizzata dal reclamizzato film su Oppenheimer, conferma la scoperta e non la creazione di elementi che, trattati in modo appropriato, hanno portato al terrificante fungo di Hiroshima, monito costante sulla possibile autodistruzione umana.

La Lettera agli Efesini “introduce i lettori a scoprire delle verità presenti ma invisibili se Dio non le rivela, vicine ma nascoste se chi le ha conosciute per rivelazione non le annuncia e diffonde”. E nel commento della Lettera agli abitanti di Colossi (scritta intorno al 62 dopo Cristo) la stessa studiosa osserva: “Il grande mistero è la presenza fra gli esseri umani di Dio come uomo, che vive umanamente in Gesù di Nazaret, che rende visibile e tangibile la vita e che, riconosciuto come Signore, associa a sé ogni battezzato. Il grande mistero da annunciare è Cristo in voi, speranza della gloria”, mistero ora accessibile a tutti”. I problemi per la fede nascono anche quando la Chiesa pensa di potersi sostituire a Cristo, anziché conformarsi al suo esempio di servizio e di amore piuttosto che di dominio.

“Non dovrebbero sorgere dubbi su cosa significhi primeggiare per Cristo e quale sia la modalità di regnare del Figlio dell’amore”. Nome bellissimo con cui l’apostolo Paolo chiama Gesù. “Se invece si vive il primeggiare di Cristo da parte di chi in qualche modo lo rappresenta come tentazione di egemonia sulla società, come il desiderio di dire l’ultima e definitiva parola in qualsiasi ambito, come corsa al potere e ai primi posti, si finisce per oscurare la vera immagine del Dio invisibile”. Timori, dunque, per la fede dall’AI? No. Tanto che Francesco ha scelto come tema della prossima giornata mondiale della pace proprio l’AI e la pace. AI e pace sono due urgenze da contemperare.

La pace in particolare occorre sceglierla per non mettere a rischio la distruzione dell’umanità che renderebbe vana ogni altra sua possibile invenzione e realizzazione tecnica e scientifica. Il mondo si trova a un dibattito dirimente per l’Occidente: è con la forza delle armi che si può frenare il declino della propria leadership mondiale o la si può acquisire restituita da una credibilità fondata su una più equa condivisione delle risorse, ove tutti di ogni colore e latitudine siedono e decidono allo stesso tavolo che farne del futuro dell’uomo e del pianeta? Magari chiedendosi se il pensare umano – mentre si apre il cantiere dell’egemonia contesa tra tecnica e umanesimo – prescindendo dalla sua spiritualità o ritenendo puerile la sua apertura al trascendente indichi un progresso o una involuzione».

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