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Tornare a pensare per aiutare gli italiani del futuro | La nuova rubrica di Benedetta Cosmi

Per un corsivo sul Corriere della Sera ho iniziato a riflettere sulla questione del panorama mediatico moderno: la saturazione informativa e emotiva a cui il pubblico è costantemente esposto. Proviamo ad interpellare noi e gli altri sul nostro ruolo, non solo come consumatori di media ma come individui in cerca di un senso nell’incessante flusso di notizie e immagini che ci attraversano quotidianamente.

Parte oggi «Italiani del futuro» e vorrei riflettere su un possibile desiderio collettivo di “tornare a pensare”, sottolineando come il pubblico sia stanco di essere bersagliato da contenuti che, pur catturando l’attenzione attraverso l’emozione, spesso risultano scollegati dalle reali necessità informative e dalla ricerca di autenticità. In un’epoca in cui l’informazione è onnipresente ma la sua qualità è sempre più messa in discussione, emerge il bisogno di contenuti. Che contenuti?

Il pezzo critica apertamente la tendenza dei media e delle figure pubbliche di appiattirsi su modelli di consumo superficiale. Evidenzia un patto non scritto con i follower.

Tuttavia, è nella descrizione di un momento quotidiano, ma inaspettato, che tutto crolla. Questa immagine diventa un potente promemoria dell’uguaglianza fondamentale tra esseri umani, della condivisione di una sete intrinseca di conoscenza e bellezza che trascende le barriere sociali.

Le riflessioni di Riparte l’Italia «Think Thank quotidiano» Osservatorio economico e sociale sconfiggono quel senso di solitudine in cui ci sentiamo a volte, come lettori, decisori, classe dirigente di un Paese. Paese che perde talenti, non li riconosce, non li supporta, si sente un po’ liberato quando vanno altrove, preferisce restare in pochi per consumare quel che c’è incapaci di intravedere quel che ci potrebbe essere.

Ma c’è un altro Paese, che ha bisogno di luoghi quotidiani, di cultura, non intesa come consumo e passatempo:  tendenza di cui le nostre città e le nostre vacanze sono ormai piene e iniziano a fare sentire ancora di più un vuoto. È il vuoto della società, dei corpi intermedi resistenti, delle comunità educanti, di bambini (un vuoto che cresce). Allora noi vogliamo pensare al Paese degli italiani del futuro. Essere aperti, accoglienti nei servizi, pensare ai più deboli puntando ad essere un Paese forte, quindi che non teme la concorrenza, la produttività, l’impresa, la ricchezza, il potere, la varietà delle opinioni e gli spazi, in cui sbagliare che significa fare ricerca non significa fallire per sempre.

Fallire vuol dire fare sentire gli studenti inutili, le imprese piccole, i manager non all’altezza di altri tempi e altri contesti, i politici dei privilegiati senza vera capacità di decidere per il Paese, la ricerca qualcosa di sporco, i follower anziché opinione pubblica una tifoseria, lo studio e l’impegno necessari ma non indispensabili, la fortuna il mantra, una democrazia fondata sul caso.

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