Nel 2023 le banche hanno accelerato la trasformazione digitale.
Da Intesa Sanpaolo a Unicredit, tutti gli istituti italiani lavorano a soluzioni che riducono i costi e personalizzano l’offerta sul singolo cliente.
In attesa dell’intelligenza artificiale, che rivoluzionerà il sistema.
«Il potenziale dell’AI è alto, ma ancora siamo in una fase di studio con poche soluzioni già pronte», ha detto Stefano Achermann, ceo di Be Shaping the Future, che fa parte del gruppo Engineering in un’intervista a MF-Milano Finanza.
Quali altri problemi pone l’AI?
“C’è un tema di privacy e di correttezza delle informazioni raccolte.
Quando l’AI sostituirà l’uomo sarà lei a suggerire se concedere un finanziamento: in questi casi sarà fondamentale non solo che i dati raccolti dalla banca sul correntista siano accurati, ma sarà necessario anche che l’AI li valuti con correttezza, senza generalizzare e con scelte personalizzate”.
Che uso si fa dei dati nel sistema finanziario?
“Le banche ad esempio si servono di strumenti di machine learning per scongiurare le frodi.
Per prevenirle si parte dall’analisi di tutti i casi passati, si identificano i tipici step di una truffa e poi il sistema lancia un allarme ogni volta che nella realtà emergono i passaggi classici di una frode”.
Come va la lotta agli hacker?
“Ogni giorno è una battaglia.
I criminali informatici cercano sempre nuovi schemi per aggirare le difese delle banche.
Devo dire però che tutti gli istituti stanno investendo cifre importanti nella sicurezza informatica, ma il numero delle competenze rispetto alla domanda, in specie per i ruoli di Ciso, è ancora largamente insufficiente.
Queste sfide non hanno fermato la spinta verso le banche digitali. Da dove deriva?
“Partiamo da Intesa Sanpaolo.
Isybank nasce per dar vita a una banca digitale, ma anche per creare una nuova infrastruttura bancaria per tutto il gruppo, che evolva le piattaforme riducendone i costi.
Una banca digitale sempre più ricca di funzionalità genererà da parte del cliente una maggiore propensione d’uso permettendo di ridurre la rete di filiali.
Invece Unicredit, semmai, ha un tema di ulteriore spazio di crescita in Italia.
Così ha creato Buddy R-Evolution, che è una vera e propria filiale remota integrata nella rete.
Qui la strategia è del tutto diversa ed è quella di un’espansione della rete su una molteplicità di canali in modo consistente”.
Sul punto è intervenuto l’Antitrust.
“Troppo presto per fare valutazioni.
L’indicazione sembra essere quella di avere sempre il consenso del cliente per gestire spostamenti anche tra entità appartenenti allo stesso gruppo”.
La spinta digitale accentuerà la desertificazione bancaria?
“In Italia l’offerta di strutture fisiche è più alta che nel resto d’Europa e consente di rispondere ai bisogni dei segmenti meno digitalizzati, soprattutto la fascia anziana.
Il problema è un altro: nel Paese manca la cultura finanziaria e i clienti non sanno orientarsi tra infrastrutture fisiche o digitali, una scelta che dovrebbero saper compiere da soli”.
La corsa al digitale nasce anche dall’esigenza di tagliare i costi.
“Questo obiettivo sarà raggiunto anche con il contributo decisivo del cloud.
Mi riferisco in generale al processo, in fase di avvio, di riscrittura delle principali componenti software delle piattaforme bancarie perché possano utilizzare i grandi cloud di Amazon, Google e Microsoft.
Sebbene gli investimenti saranno significativi nella fase iniziale ci si attende che queste iniziative portino allo stesso tempo economie di scala e innovazione.
Maggiori risparmi compenseranno il taglio dei tassi. Che anno si aspetta?
“Penso che i primi sei mesi saranno abbastanza uguali all’anno scorso perché i tassi ancora non sono stati toccati e scenderanno lentamente.
L’effetto dei tagli sarà avvertito più nei secondi sei mesi del 2024.
E allora potrebbero ripartire le operazioni m&a, che garantiscono sinergie e riducendo i costi compenseranno il calo dei ricavi legato al taglio dei tassi”.