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Renzo Piano (senatore a vita): «Con Mattarella la politica ha vinto»

Con la rielezione di Sergio Mattarella al Quirinale non c’è stata «nessuna sconfitta» della politica. L’archistar e senatore a vita Renzo Piano non si è perso una chiama nella settimana culminata nella conferma di Sergio Mattarella e, intervistato sulla Stampa del 4 febbraio da Massimo Righi, ribalta un giudizio piuttosto comune.

Difende il Palazzo, architetto? «Sì, e voglio dire una cosa a tutela di un luogo tanto screditato e usato spesso come termine spregiativo. Io sono un architetto, un costruttore di luoghi per la gente. Entrare in quel Palazzo, ogni giorno per votare, è una sensazione che mi ha colpito molto. Non era certo la prima volta che mi trovavo lì, ma essere in una realtà che rappresenta la democrazia, svolgere un dovere civico per un grande Paese, significa comunque appartenere a un contesto che esprime la nobiltà della politica. Nella dignità del luogo sta anche la dignità del ruolo».

Ma i luoghi sono anche lo specchio di ciò che avviene dentro. «Io intendo la politica come gestione della polis. Il giuramento dei politici ateniesi appena eletti era molto semplice: “Vi prometto, o ateniesi, di restituirvi Atene più bella di come me l’avete consegnata”. La bellezza in greco era quella più profonda. La politica in questo senso è bellissima, è un nobilissimo mestiere. E dico che è una vittoria della politica perché Mattarella è un uomo politico, nel senso più alto del termine».

Durante la cerimonia di ieri Mattarella ha ripetuto che tutti insieme dobbiamo fare fronte a tre emergenze: sanitaria, economica, sociale. E che vanno combattute le diseguaglianze. Da dove si parte per ricostruire? «Non ho dubbi, dalle periferie. E il termine che ho usato spesso per il lavoro da fare nel Paese è rammendo. Il rammendo non è un rattoppo. Il rattoppo è un rimedio malfatto, il rammendo è sapiente, intelligente, sottile. L’Italia è un Paese che ha bisogno di un grande rammendo su più fronti, sulla difesa del territorio come dal punto di vista sociale. E questo lavoro si fa cominciando dalle periferie».

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