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[L’Intervista] Paolo Salvadeo (Direttore Generale El.En.): «Best practices per la ripartenza e proposta per un “made in” rafforzato, totalmente istituzionale»

Paolo Salvadeo è Direttore Generale di El.En. SpA, la multinazionale specializzata in laser per la medicina, l’industria, la scienza ed il restauro conservativo del patrimonio artistico e culturale. Nominato Cavaliere dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana, su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri, con Decreto del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, in data 27 Dicembre 2019, l’ingegner Salvadeo è stato inserito da Forbes tra i 100 manager italiani di successo del 2020. El.En. è quotata oggi nel segmento STAR di Borsa Italiana.

Ingegner Salvadeo, quali, secondo lei, le best practices per la ripartenza? 

Escludendo cose ovvie, tipo una campagna vaccinale efficace e rapida, credo che il fulcro su cui fare maggiore leva siano le competenze maturate e le esperienze finalizzate di tipo manageriale, da inserire e capitalizzare, il più rapidamente possibile, in ogni settore. 

Cosa intende esattamente? 

Intendo dire che serve, nelle aziende, ma anche nel pubblico, una forte iniezione di managerialità e competenze. La creazione di una sorta di tecnocrazia ben organizzata, dove il governo delle cose sia fortemente in mano a persone con esperienza pratica, e specialistica.

Vanno preparati, o ricercati, ora, i manager del futuro, per il pubblico, mentre le aziende devono, a mio avviso, investire maggiormente in formazione. 

Un piano di questo tipo sarebbe per lei esaustivo? 

Certo che no. Altra best practice deve essere una maggiore democratizzazione nel poter accedere ai finanziamenti, da parte delle aziende. Capita troppo spesso che l’accesso al credito sia facilmente garantito solo a chi ha già le spalle ben solide. Agli altri, o non tocca nulla, oppure spettano solo le briciole. E se non sono in grado di autofinanziarsi, soccombono. 

In questo preciso momento storico, lo Stato dovrebbe divenire il garante. Naturalmente, solo se le aziende presentano piani virtuosi, e misurabili, di rilancio e d’investimento. 

E poi è una chiara legge economica che, se il ritorno sugli investimenti supera il costo del capitale (che oggi è risibile), indebitarsi, paradossalmante, ”fa bene”. 

Altre leve? 

Innovazione e potenziamento delle infrastrutture, transizione digitale, sostenibilità, e spinta endogena al cambiamento. Chi non innova in un periodo di crisi, alla ripartenza sarà rimasto indietro. 

Le infrastrutture rappresentano lo scheletro strutturale del territorio. 

Potenziare la logistica nazionale e transnazionale, con infrastrutture strategiche, ferrovie, aeroporti, strade, autostrade, porti, trasporto su gomma, o su nave, è una leva certa di sviluppo. 

Rafforzare transizione digitale, e potenziare tutto ciò che è intelligenza artificiale, sono due ulteriori best practices

Soprattutto il nostro Paese, fragile nelle infrastrutture e nel territorio, con industria avanzata abbastanza in declino di produttività, deve adattarsi, interpretando la transizione verso l’era dell’intelligenza artificiale. Bene dunque tutti i benefici dell’industria 4.0, ma anche l’ammodernamento e la digitalizzazione delle imprese, e, soprattutto, della pubblica amministrazione e della scuola.

La scuola deve recuperare, assolutamente, il tempo perduto durante tutti i lockdown, più o meno geopardizzati, nel tempo e nello spazio. Sarò impopolare, ma se anche scolari, studenti, ed insegnanti, saltassero completamente le vacanze estive, per recuperare, sarebbe un toccasana per tutti. Un investimento sul futuro.

Sulla sostenibilità si sta dicendo molto. Non ho altro da aggiungere. Ma anch’io la vedo come forte leva di sviluppo, miglioramento e cambiamento.

Cosa intende, invece, per spinta endogena? 

Tutti devono modificarsi, deve cambiare la mentalità. A volte, preconcetti, abitudine, stereotipi, modi consolidati, e resistenza al cambiamento, diventano ostacoli insormontabili.

Chi è in posizioni di comando, a tutti i livelli, deve, giocoforza, adattarsi al cambiamento. Deve smettere di imporre. Deve ascoltare, e modificare, o lasciar modificare le cose, a chi è più preparato. L’istinto di continuare a fare come prima è forte, ma va vinto, dall’interno. Deve vincere il meccanismo di delega. E, per definizione, delega vuol dire fiducia.

Consigli ai nostri governanti? 

Non mi permetterei mai.

Idee per la ripartenza?

Una, in particolare. Nel rilancio del Paese, punterei tantissimo su un concetto più esteso di Made in Italy. 

Il nostro paese è ”criticato”, all’estero, molte volte per invidia o gelosia. Ma è veramente apprezzato (lo vedo, per esempio, con cognizione di causa, nel mio settore, che è quello dei laser per l’industria, la medicina ed il restauro delle opere d’arte) per ciò che sa fare, e dare.  

Io creerei, con un logo totalmente nuovo, e riconoscibile, rafforzato a livello internazionale, registrato e gestito direttamente dal Governo, un marchio per l’Italia. Tale marchio potrebbe essere totalmente istituzionale, pervasivo, e rafforzare la percezione dell’offerta, per le aziende meritevoli del nostro Paese, creando, intrinsecamente, per esse, maggiore brand awareness. Un potenziamento intrinseco, molto esteso,  di ”reputation” dell’offerta delle nostre imprese che esportano, ma anche per il settore turistico e ricettivo. Un made in, insomma, sotto il diretto ed esclusivo patrocinio ed endorsement della Presidenza del Consiglio dei Ministri.

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