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Niente alibi | L’analisi di Massimo Franco

L’unica ombra, nella vittoria netta della maggioranza nelle Marche, commenta Massimo Franco sul Corriere della Sera, è l’astensionismo che ha ridotto la partecipazione al 50 per cento: 9 punti in meno rispetto al 2020. Significa che nemmeno la presenza massiccia in campagna elettorale di uomini e donne del governo, compresa la premier Giorgia Meloni, e dei vertici di opposizioni stavolta unite, è riuscita a vincere un’apatia e una sfiducia radicate.

Ma l’affermazione del presidente di FdI, Francesco Acquaroli, con quasi otto punti di distacco, è ossigeno per un governo a caccia di conferme. La destra, dopo tre anni di governo nazionale, continua a non avere un’alternativa credibile. Né sembra essere logorata dalla competizione tra FdI, Lega e Forza Italia, e dagli sbandamenti filorussi sulla politica estera del vicepremier Matteo Salvini.

Tutto questo accentua quasi per inerzia e di rimbalzo i limiti dello schieramento e della logica proposti dalla segretaria del Pd, Elly Schlein. La sua strategia «testardamente unitaria» esce ridimensionata dal voto di ieri. Il «campo largo», o «progressista» che sia, c’è stato. Ha riprodotto l’asse col M5S di Giuseppe Conte, incluso la sinistra di Avs e l’appendice litigiosa dei centristi. Ma non ha convinto. Anzi, alla fine ha mostrato più i suoi limiti che le sue potenzialità espansive.

Difficile capire se ridarà fiato alla cosiddetta ala moderata del Pd, scettica sul rapporto coi Cinque Stelle e convinta che senza un’iniezione massiccia di riformismo l’alternativa al governo Meloni non spunterà mai. Il problema è che anche quello schema appare invecchiato, rispetto a uno schieramento politico e a un blocco sociale più compatti e coriacei di quanto appaia. La sensazione è che i rapporti di forza rimangano di fatto congelati rispetto alle Politiche del 2022.

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