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Moda, anche le grandi catene sono a rischio chiusura

Secondo i dati di Bain & Company, in Italia ci sarebbero 118 mila negozi di abbigliamento e accessori (135 mila aggiungendo i gioielli e 165 mila con gli ambulanti) e circa mezzo milioni di addetti. Per l’altra multinazionale di consulenza strategica McKinsey le collezioni primavera/estate 2020 registreranno ricavi con un calo fino al 70%.

Scatta l’allarme anche nel settore della moda con la necessità di tagliare i costi. H&M ha già annunciato la chiusura di 8 punti vendita dove lavorano 197 persone. Geox era pronta a sacrificare 55 negozi in Europa anche prima della chiusura per l’emergenza sanitaria. Eravamo pronti a riaprire già il 4 maggio – spiega Gianluigi Cimmino, numero uno di Yamamay e Carpisa in una intervista a La Repubblica – e avevamo investito milioni nella sanificazione, sapendo che avremmo potuto recuperare solo 20 mila euro di credito d’imposta. Ma ora tra continui rinvii, la stagione dei saldi che si avvicina, e il turismo bloccato sarà dura mantenere la nostra rete di negozi”.

Impietosi i numeri. Il gruppo che ha 200 punti vendita a gestione diretta, nel 2019 ha registrato un fatturato di 320 milioni, ma oggi le perdite sfiorano i 90 milioni. Il che significa a rischio un negozio su due. “Ho 2 mila dipendenti in cassa integrazione – continua Cimmino – desidero solo che riprendano tutti a lavorare, ma senza una norma sugli affitti e con i proprietari degli immobili che non ci vengono incontro per i mesi del-
la chiusura e per quelli futuri con contratti variabili, sarà difficile restare aperti”.

Il report de La Repubblica analizza anche gli altri marchi. OVS non esclude acquisizioni. “Come azionisti di Ovs – spiega Gianni Tamburi di Tip -siamo pronti a sostenere il management per fare nuove acquisizioni di tutte quelle insegne che di fronte alla crisi preferiscano passare la mano e assicurare i posti di lavoro”.

Kiko ha 7.500 addetti. e per l’ad Cristina Scocchia, “molto dipenderà dalle misure di sostegno alle aziende che verranno erogate e dal futuro andamento dei consumi”.

Poi c’è il problema degli affitti. Ad esempio, i centri commerciali della Finiper di Marco Brunelli sono pronti ad andare incontro ai grandi marchi, altri invece no. “Non vorremo chiudere e valuteremo la situazione caso per caso quando si riaprirà – è il commento di Fabio Candido, presidente di Camicissima, che in Italia ha 135 negozi di cui 95 a gestione diretta.

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