Michele Vietti, Presidente Coordinamento Ospedalità Privata Acop, è intervenuto agli Stati Generali della Ripartenza organizzati dall’Osservatorio economico e sociale Riparte l’Italia il 29 e 30 novembre 2024 a Bologna.
Ecco un estratto del suo intervento nel panel centrato sul tema “Autonomia e Sistema Santiario“, moderato dal giornalista e Direttore dell’Osservatorio Riparte l’Italia Giuseppe Caporale.
“Il tema dell’autonomia è un tema particolarmente rilevante per quanto riguarda la salute e la sanità perché ha due facce della stessa medaglia, da un lato l’autonomia è il diritto del cittadino di scegliere il medico e il luogo di cura che ritiene più idonei per perseguire il proprio benessere sanitario e quindi è un diritto individuale protetto dall’articolo 32 della Costituzione. Dall’altra e dell’altra faccia della medaglia il sistema sanitario deve essere autonomo nella misura in cui deve garantire equità, accessibilità e qualità.
Ora io so benissimo che non è facile tenere in equilibrio questi due concetti perché noi sappiamo che le risorse sanitarie sono limitate. Ospedali, personale medico, tecnologie, farmaci e tutto questo in qualche modo porta a confliggere con quel diritto di libera scelta da parte del cittadino. Bisogna trovare una via di compensazione tra queste istanze.
Noi in realtà ci troviamo di fronte ad un sistema sanitario in enorme affanno: l’aumento della domanda di prestazioni sanitarie è esponenziale anche in relazione all’invecchiamento della popolazione, ormai abbiamo un’età media di oltre 46 anni, gli over 65 sono un quarto della popolazione. Questo fa aumentare le malattie croniche in particolare e a fronte di questo noi abbiamo un parco di attrezzature sanitarie sempre più vetusto.
Un osservatorio di Confindustria ci dice che sono nel 2022 erano 37 mila le apparecchiature di diagnostica per immagine obsolete con tutto quello che ne consegue in termini di qualità della prestazione e quindi avanza la medicina personalizzata, l’intelligenza artificiale, la telemedicina, lo sviluppo tecnologico sempre più sofisticato ma nello stesso tempo non ci sono le risorse per pagare tutto questo.
E’ vero che c’è stato uno sforzo anche recente da parte del Governo, un aumento di 3 miliardi per il fondo sanitario nel 2024, 4 nel 2025 e 4 nel 2026, più i soldi del PNRR con la missione 6, ma questi aumenti servono a malapena a compensare l’inflazione e gli aumenti di spesa dovuti ai rinnovi contrattuali e quindi ho paura che non riusciamo a risolvere tutti gli acciacchi che il sistema sanitario mostra.
Le liste d’attesa sono sempre più pesanti, i cittadini pagano di tasca propria sempre più prestazioni. Si valuta che il 40% dei cittadini fa ricorso al cosiddetto “out of pocket”, cioè in sostanza caccia i soldi per la sanità dalla tasca propria e la migrazione sanitaria è un fenomeno sempre più incombente, il che vuol dire che il sistema non risponde ad equità perché se uno è costretto a migrare dalla propria regione di appartenenza la cosa non funziona, e questo si verifica praticamente da tutte le regioni del sud verso il nord.
La Corte dei Conti ha stimato in circa 14 miliardi l’ammontare delle prestazioni che le regioni del sud sono costrette a comprare da quelle del nord e non parliamo dei disagi fisici, psicologici di tutta questa mobilitazione dei malati, dei pazienti, dei loro accompagnatori, dei parenti dei familiari e allora se così è io credo che dobbiamo ipassare a una rilettura della legge di riforma del sistema sanitario e dell’istituzione del servizio sanitario nazionale della legge del 78 che immaginava che potessimo dare tutto a tutti quasi che le risorse fossero una variabile indipendente. Purtroppo non è più così, posto che lo sia mai stato, e allora qui viene in gioco la collaborazione del privato.
Bisogna assolutamente passare ad una sorta di partenariato pubblico privato o governance collaborativa che forse è un’espressione che rende meglio l’idea ma noi abbiamo bisogno che a fronte della scarsità di risorse mettiamo in campo tutte le forze disponibili e il privato ha competenze, know-how, disponibilità e può rappresentare un forte valore aggiunto nell’interesse del cittadino paziente, del malato.
E’ chiaro che per far questo bisogna che il pubblico faccia la sua parte dal punto di vista della programmazione, cioè dica che cosa ritiene, che cosa può fare lui con le risorse che ha e che cosa invece può fare il privato con le competenze e le professionalità che ha. Che si faccia un’analisi attenta di tutti gli sprechi che purtroppo nel pubblico ci sono e credo che non sia scorretto anche dire questo, superiamo il pregiudizio ideologico per cui la prestazione sanitaria la può dare soltanto lo Stato o le articolazioni dello Stato. La prestazione sanitaria che la dia un ospedale pubblico o che la dia un privato accreditato che è passato dal vaglio di quella stessa struttura pubblica che ha riconosciuto che può far parte a pieno titolo del Servizio Sanitario Nazionale non cambia niente, non è la natura giuridica dell’erogatore che cambia la sostanza.
Certo se noi continuiamo a immaginare che la sanità la può erogare soltanto il pubblico noi siamo fermi appunto a pregiudizi ideologici che oggi ci impediscono quella governance collaborativa che invece è indispensabile. Poi magari ridistribuiamo i ruoli perché certo oggi il pubblico fa la programmazione che poi spesso non fa la verifica dei requisiti per l’autorizzazione e per l’accreditamento. Fa i contratti, compra le prestazioni e fa la vigilanza applicando peraltro criteri di vigilanza che spesso sono disomogenei tra il pubblico e il privato. Ecco proviamo a risorse invariate ad aggiustare questa serie di cose che ho sommariamente ricordato e probabilmente sarà il cittadino ad averne un vantaggio.
L’integrazione pubblico privato deve essere fatta prima che il privato soccomba, perché le tariffe delle prestazioni private e dei DLG sono ferme da 12 anni. Nel frattempo c’è stato il Covid, l’epidemia, l’aumento dei costi, l’energia elettrica, le guerre, l’inflazione e quindi pensare che si possa fare l’integrazione senza mantenere in vita uno dei due protagonisti rischia alla fine di essere un’illusione”.








