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Riccardo Luna (La Stampa): «Il vincitore della campagna elettorale non verrà scelto dai social»

Non saranno i social a determinare il vincitore della campagna elettorale. A parlarne è Riccardo Luna, secondo il quale «i social da tempo non sono più social ma assomigliano piuttosto alla vecchia tv. La TikTok Democracy, come qualcuno già chiama questa fase politica, è totalmente diversa da quello che avevamo previsto e in qualche modo sognato agli albori di Internet», scrive su La Stampa.

«Allora ci piaceva credere che i meccanismi della democrazia antica, quelli delle agorà ateniesi, potessero rivivere in rete e fantasticavamo di agorà telematiche dove potersi incontrare, dialogare, trovare punti di contatto, costruire soluzioni. Quando, attorno al 2005, sono arrivati i social network quest’aspirazione, che fino a quel momento si era espressa in rudimentali forum, sembrò trovare il suo compimento: il futuro della democrazia sembrò essere la partecipazione collettiva tramite la rete. È in quel contesto che nasce in Italia il M5s (su una piattaforma ormai abbandonata: i meetup)».

«Ma quello che ne è venuto fuori è molto diverso dal previsto. Prendiamo TikTok, il social di maggior successo e l’ultimo arrivato: di fatto è una tv personale e infatti così la usano i leader di partito per questa campagna elettorale, per trasmettere degli spot (non a caso Berlusconi, che di tv capisce più di chiunque altro, ne è entusiasta). Funziona: i video elettorali registrano milioni di visualizzazioni ma l’interazione con gli utenti/elettori è pressoché inesistente e il famoso engagement, che tutti cercano e misurano, si limita a consentirci di mettere un mi piace o non mi piace alla fine del video. Praticamente come fanno gli spettatori della tv per l’auditel. Non è una piazza, è un tinello dove stiamo da soli sul divano mentre scrolliamo i video scelti per noi da un algoritmo».

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